Simone Antonini: “La domanda di super yacht prosegue ma un rallentamento si sente”
L’amministratore delegato di Antonini Navi parla anche del business della cantieristica nautica in occasione del varo di una piattaforma offshore appena realizzata per l’oil&gas
La Spezia – In occasione del varo della piattaforma Maboqueiro costruita e destinata all’estrazione offshore di gas in Angola, il Gruppo Antonini apre le porte del proprio stabilimento produttivo e i vertici aziendali incontrano la stampa.
In questa intervista a SHIPPING ITALY l’amministratore delegato Simone Antonini racconta passato, presente e futuro del cantiere che ha appena celebrato il primo progetto Epc (Engineering, Procurement, Construction) eseguito per Azule Energy, società partecipata da Eni e uno dei principali attori nel settore Oil & Gas del Paese. Il maxi impianto realizzato nel cantiere di Spezia è composto da un jacket, l’equivalente di una struttura oceanica costruita con componenti tubolari in acciaio e ancorata al fondale marino con quattro pali di 88 metri di lunghezza, alla cui sommità si aggiunge un deck di tre piani della dimensione di 25×30 metri per un peso totale di 2.600 tonnellate; il più pesante mai realizzato dal gruppo.
Dott. Antonini può spiegare perché quest’ultimo lavoro sia stato così importante e complesso per il vostro gruppo?
“È un progetto importante perché si tratta del primo che Eni sviluppa in Angola, quindi è diventato di interesse nazionale, ed è un progetto per noi importante perché una piattaforma così grossa non l’avevamo mai fatta. Questo evento è importante per noi per ciò che rappresenta anche in termini di crescita. Qualcosa di simile lo aveva fatto in passato mio nonno e noi siamo la terza generazione in azienda. La quarta, mio figlio, è già entrata.”
Le prospettive del mercato oil&gas sono secondo voi incoraggianti?
“Questo progetto è importante per Eni essendo il primo in Angola e sono quindi i primi campi di sviluppo; speriamo ne arrivino anche altri, quindi cercheremo di avere altre commesse di questo tipo. La tecnologia la conosciamo molto bene perché è il nostro core business da 70 anni. Dietro c’è una tecnologia importante, anche nelle rotazioni degli impianti. Il Jacket lo abbiamo ruotato di 180 gradi ed è stato un roll-up particolare; si parla di 2.500 tonnellate in rotazione e anche questa operazione non l’avevamo mai fatta prima con questi numeri.
Grazie alla tecnologia di un nostro subcontrattista è stato portato a termine un roll-up con i Trans Jack che hanno aiutato a velocizzare quello che una volta si faceva con le gru e oggi invece si fa con delle tecnologie diverse. Stiamo evolvendo con la tecnologia e siamo al passo con le nostre nuove strutture.”
Questi impianti appena realizzati quando partiranno per l’Africa?
“Il jacket andrà via entro la prossima settimana ed effettuerà un viaggio di 45 giorni e il deck dovrebbe andare via entro il 10 di dicembre. Quindi con la partenza del primo procederemo poi con il varo del secondo a una settimana o dieci giorni dal precedente. Tutto salperà e verrà trasportato via barge al traino di rimorchiatore e andrà direttamente al sito di installazione.
Il nostro lavoro non finisce solo qua, perché noi lo trasportiamo on site, dopodiché lo consegniamo al committente che lo cede all’installatore che a sua volta procede all’installazione. Dopodiché ce lo ‘ridanno indietro’ perché noi dobbiamo ‘metterlo in moto’.”
Che valore economico ha un progetto come questo?
“Per questo siamo intorno ai 90 milioni di euro. Poi ci sono delle opzioni.”
Prossimi lavori in orderbook?
“Abbiamo un modulo di compressione per la Libia, e anche questo è un progetto importante, soprattutto perché sarà la più grossa piattaforma dell’Eni nel Mediterraneo e andrà ad aumentare la produttività dei pozzi esistenti. Anche a seguito dei problemi avuti con la Russia, questi sono progetti considerati prioritari per l’Italia.
Oltre a questo siamo in consorzio insieme ad altre due società per costruire una nuova piattaforma; si tratta di un altro contratto acquisito dove noi faremo una parte del lavoro e quello dovrà essere consegnato nel 2027.”
Nel segmento oil&gas il carico di lavoro che orizzonte temporale copre?
“Abbiamo un orizzonte coperto fino al 2027 ma in corso ci sono altre gare, stiamo partecipando a tender per vedere di riuscire a prendere qualche altro lavoro se abbiamo spazio in cantiere. Molto dipende infatti dalla disponibilità di spazio in cantiere. In quest’ultimo anno e mezzo, ad esempio, non siamo riusciti a caricare maggiormente di lavoro lo stabilimento perché avevamo saturato tutti gli spazi disponibili che erano occupati da questo progetto per l’Angola.
Adesso invece stanno uscendo altre piattaforme da realizzare, sempre con Eni per il Mare del Nord, stiamo lavorando con Total per altre due piattaforme, altre due piattaforme per la Croazia. Sul fronte oil&gas abbiamo un orizzonte ‘coperto’ per 3/5 anni. Una volta si ragionava anche su carichi di lavoro fino a 10 anni ma oggi avere lavoro garantito per 3/5 anni è già un buon risultato.”
Quale invece lo scenario sul fronte invece della cantieristica navale?
“Siamo neofiti in questo mercato degli yacht come nuove costruzioni; siamo dapprima entrati come terzisti per la costruzione di scafi e lo abbiamo fatto per grossi cantieri della zona a noi prossima e anche di altre parti d’Italia, per scafi sia in ferro che in alluminio. Poi quattro anni fa abbiamo deciso di intraprendere il passo di costruire e proporre yacht come Antonini Navi, anche perché in quel periodo nell’oil&gas non c’era un gran mercato. Abbiamo scelto di diversificare e avere la copertura del cantiere anche per altre attività.
Oggi di commesse ne abbiamo due, si tratta di yacht da 32 metri e da 34 metri che saranno consegnati alla fine del prossimo anno per debuttare poi nella stagione 2026, ma abbiamo in procinto di accogliere altri clienti.”
Si può sapere di più su questo?
“Abbiamo appena avuto in cantiere un cliente interessato a una barca intorno ai 28 metri, clienti con un 63 metri ma pronti a passare a un 43 metri. Il mercato sta ancora tirando, anche se noto un rallentamento. Ho la sensazione che l’euforia degli ultimi tre anni sia superata, ma sarebbe anche impensabile che potesse rimanere così. Un minimo di rallentamento c’è ed è anche giusto che ci sia un po’ di rilassamento; non che crolli ma un rilassamento del mercato è sintomatico. Speriamo che duri.”
Chiudiamo con qualche numero sul volume d’affari del Gruppo Antonini e sui trend attesi?
“Stiamo crescendo abbastanza bene: dai 35 milioni di due anni fa, l’anno scorso abbiamo chiuso con 68 milioni di euro e quest’anno pensiamo di andare un po’ oltre. Diciamo che un buon 10-15% di fatturato in più rispetto all’anno precedente dovremmo riuscire a ottenerlo.”
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