Sicurezza e yachting al centro del 5° forum di SUPER YACHT 24: “Servono regole e condivisione”
Oltre al rilancio che Pisa può offrire al Distretto della nautica toscana, si è parlato anche di safety e regolamenti nel mondo del diporto, tra lacune e passi avanti
Pisa – Regole autoprodotte e condivisione tra tutti i player del settore, quello del diporto nautico. È quanto si augura il mondo dello yachting alle prese con la ricerca di regole chiare e sicure per fare in modo che avere il tricolore che sventola a poppa non sia più un disagio o motivo di penalizzazione ma l’appartenenza a un registro competitivo e moderno. Oltre a definire delle norme che, se nel mondo della navigazione commerciale sono ben chiare, in ambito diportistico lasciano un vuoto normativo.
Il tema è stato al centro di uno dei panel andati in scena durante il 5° Forum di SUPER YACHT 24 tenutosi all’Hotel Galilei di Pisa di fronte a una platea di circa 200 addetti ai lavori e con alcuni dei massimi esperti del settore fra gli speaker. Ad aprire la discussione è stato Lorenzo Pollicardo di SYBAss, che ha spiegato come “una flotta come quella dei grandi yacht, che in 30 anni ha moltiplicato per sette i suoi grandi numeri, rende difficile pensare che la nautica sia al di fuori dalla comunità marittima. Ma abbiamo ancora scarso successo – ha detto Pollicardo – quando chiediamo che la normativa per le navi commerciali venga adeguata allo yachting. Sulla safety stiamo cercando di unificare i cosiddetti codici di bandiera, per avere un codice unico di sicurezza che ci aiuta a difenderci maggiormente di fronte alle speculazioni della safety internazionale”.
Regole che ormai non potranno tardare più di tanto ad arrivare anche per lo yachting. “Gioco forza la Solas dovrà dedicare un capitolo allo yachting – ha detto l’avvocato Enrico Molisani di Wegal -, così come il discorso delle bandiere. Non possono esserci bandiere più facili e di comodo rispetto ad altre: deve esserci uniformità. C’è poi il tema della cyber security che si porta dietro il tema della digitalizzazione, così come quello dei nuovi carburanti. Non parliamo di ambiente, ma dell’asset nave e delle responsabilità di chi fornisce e mette in esercizio dei motori con nuovi carburanti”.
In questo contesto diventa fondamentale la formazione. Luigi Bruzzo ha raccontato l’impegno di Navigo Ysil, che gestisce “un’accademy che insegna i prossimi professionisti del mare, insegnando loro a utilizzare queste innovazioni”. Un’attività importante, così come sottolineato dall’applauso di alcuni comandanti in sala che hanno ribadito come la componente umana sia fondamentale. Dalle aziende ci arriva anche la richiesta di mantenere il know how che ci rende leader nel mondo. Perderlo significherebbe regalare il lavoro ai cantieri di altri Paesi.
Per descrivere lo stato attuale della nautica da diporto in Italia, Roberto Neglia, responsabile relazioni istituzionali di Confindustria Nautica, utilizza il paragone con un’anatra zoppa. Da un lato c’è la gamba robustissima dell’industria italiana, la più importante al mondo, strutturatissima, dall’altro la gamba zoppa delle regolamentazioni, su cui “siamo buoni ultimi – ha spiegato Roberto Neglia -, dato che abbiamo sempre guardato ad altre bandiere. Mi piacerebbe che l’Italia arrivasse invece al Codice Unico in modo competitivo”.
Diverse le agevolazioni già introdotte, come la revisione del regolamento di attuazione del Codice e il decreto titoli, “che sono state portate avanti insieme al Governo – ha detto Neglia – e che ci consentono di provare a restare al tavolo della discussione”. Inoltre si introduce l’Italian Passenger Yacht Code che porta l’Italia a un livello di competitività maggiore.
In IMO, dove nascono le regole, conta chi ha il naviglio immatricolato non chi produce. Quindi l’Italia è svantaggiata, dato che è pur vero che produce molte navi da diporto ma è altrettanto vero che immatricola poco, a vantaggio di altre bandiere.
“Il nostro compito – ha aggiunto Neglia – è lavorare per rinforzare la gamba zoppa. Arriverà ad esempio la dispensa dalla prova di stabilità per unità gemelle; ci sono novità in tema di dotazioni di sicurezza, l’Epirb che si può sostituire col telefono satellitare; la bussola elettronica ha diritto legale di sostituire quella magnetica. Ci sono tante novità”.
Importante anche la riforma dei titoli. “Abbiamo combattuto anni – ha detto Neglia – per portare a casa la modifica del decreto che disciplina i titoli del diporto italiano. I comandanti italiani vengono massacrati perché, anche se rispondono a una convenzione internazionale, faticano il doppio di un inglese o di un maltese e non si capisce perché. La riforma dei titoli STCW sta rendendo l’Italia assolutamente competitiva, che finalmente non ci farà più essere a rimorchio degli altri”.
Parlando di sicurezza sul campo, non poteva mancare un focus sul meteo. Un meteo impazzito, così come dimostra il Mediterraneo, che ha vissuto gli ultimi due anni come i più caldi per la temperatura superficiale del mare. “Qualcosa sta cambiando e quindi bisogna cambiare anche le tecniche. Condividiamo le preoccupazioni dei comandanti – ha detto Gianfranco Maggiorin di Navimeteo -, che sono molto più stressati nelle loro scelte di rotta”. Partendo dal fatto che oggi le informazioni meteo sono a disposizione di tutti grazie alla tecnologia, Maggiorin ha auspicato la nascita di fleet operation manager per ogni cantiere nautico, così come avvenuto per le compagnie di navigazione dopo la tragedia della Costa Concordia. “Perché anche i cantieri di yacht – ha detto Maggiorin – non creano un fleet operation center? Un punto in cui si collabora, di monitoraggio, contatto e assistenza unico al mondo. E se partisse dalla Toscana sarebbe una cosa straordinaria. Dobbiamo comunicare di più e i comandanti sono gli attori più preziosi perché le informazioni che possono dare loro non saranno mai in alcun computer”.
L’avvocato Enrico Mordiglia, dello Studio Legale Mordiglia, ha parlato di sinistri marittimi. “I sinistri avvengono – ha detto il legale – e questo determina una serie di inchieste, penali e amministrative. Alcune sono obbligate dalla normativa, per stabilire le cause del sinistro. In Italia un organo autonomo deve svolgere le indagini quando un incidente avviene a un’unità italiana o in acque di competenza itliane. Ma questa normativa presenta un vulnus: la norma prevede che queste indagini non siano obbligatorie quando riguardano yacht non in attività commerciale, ovvero il diporto. Sono obbligatorie soltanto nel caso vi siano profili di responsabilità penale”. E in tema di responsabilità del cantiere, “si parla di responsabilità contrattuale. Cosa diversa è la responsabilità in caso di sinistro marittimo dovuto a un difetto. Si parla di responsabilità extracontrattuale, ma bisogna dimostrare un illecito, un atto colposo o doloso che ha connessione di causa con un evento”.
Le società di yacht management, a fronte di una mancanza di regolamenti, ha sempre più grandi responsabilità. “Nell’industria crocieristica – ha detto Roberto Martinoli, di MC4 Yachts – ci sono pochi operatori con tante navi, con centri di formazione che danno aiuti e vantaggi. Negli yacht la proprietà delle barche è molto frazionata. L’attore che raggruppa più proprietà di barche è la società di gestione, che ha regolamenti molto ispirati a quelli delle navi da crociera. L’industria dello yachting dovrebbe seguire l’esempio dell’industria crocieristica, che ha introdotto regolamenti prodotti dall’industria stessa, senza aspettare il legislatore. Il trasferimento di esperienze e competenze dalle crociere di lusso allo yachting è già in atto”.
L’avvocato Marco Paggini, di Vaudo Paggini & C. Studio legale, ha raccontato l’iter autorizzativo e non solo per far ormeggiare uno yacht lungo 90 metri al Marina di Cala dei Medici, autorizzato fino a 35 metri. “Dopo che l’operazione è andata a buon fine – ha raccontato Paggini – ci siamo chiesti perché in Toscana, dove ci sono i migliori player, manca un home port per questi gioielli, così come Mirabello, Genova Marina Aeroporto. Cala dei Medici sta valutando il raddoppio del frangiflutto, con un nuovo molto per creare ormeggi da 40 a 100 metri”.
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