Yacht alla deriva a Fregene: la Finanza rintraccia e convoca il proprietario
Sia il proprietario che gli altri due uomini con lui sul Carpe Diem dovranno chiarire i tanti dubbi che sono sorti a seguito delle indagini effettuate nei giorni successivi al rinvenimento dello yacht
Ci sono sviluppi sulla questione dello yacht trovato il 13 ottobre scorso arenato sulla spiaggia di Fregene: quella che qualche giorno fa sembrava una soluzione plausibile del giallo, ovvero che fossero stati tutti tratti in salvo da un traghetto a seguito di un’avaria, ha preso una piega decisamente diversa ed ora c’è il sospetto che l’imbarcazione trasportasse merce proibita.
Il proprietario rintracciato, A.K., 50enne croato – si legge sul Corriere di Roma – dovrà rispondere insieme ai due connazionali salvati dal traghetto, a una serie di domande da parte degli investigatori che vogliono vedere chiaro sul tipo di merce trasportata dal Carpe Diem.
L’imbarcazione si trova ora nel porto di Fiumicino, sorvegliata a vista dai militari della Guardia di Finanza che hanno iniziato una serie di indagini per fare luce sul salvataggio dei tre cittadini croati che si trovavano a bordo la mattina del 13 ottobre scorso a 70 miglia dalla costa di Anzio. Con loro ci sarebbe stato appunto anche A.K., proprietario dell’imbarcazione, che è stato convocato con gli altri due sabato prossimo presso il comando aeronavale di Civitavecchia delle Fiamme gialle per fornire chiarimenti sulla rotta dello yacht, la sua provenienza e la destinazione, nonché sull’avaria e le modalità di abbandono del natante, alla deriva per nove giorni in mezzo al mar Tirreno.
Il sospetto – spiega il giornale – è che la versione fornita fino a oggi dai tre, soccorsi dal traghetto «Excelsior» Palermo-Genova dopo aver lanciato l’Sos, e sbarcati nel porto del capoluogo ligure, non sia attendibile. A non convincere sono diversi fattori: prima di tutto il funzionamento del trasponder Ais (Automatic Identification System) dello yacht. Non è sicuro se il dispositivo ci fosse o se fosse rotto, oppure se, come nelle abitudini dei trafficanti di sostanze stupefacenti, dei contrabbandieri di tabacchi e degli scafisti con i migranti, era stato disattivato di proposito per non far trovare il «Carpe Diem». Altro dubbio riguarda la natura dell’avaria che avrebbe bloccato i motori dato che i finanzieri hanno scoperto che funzionavano entrambi, al contrario di quanto asserito fino a oggi, ed erano accesi al minimo.
I croati hanno affermato che una cima si era impigliata nelle eliche rendendo impossibile manovrare e proseguire la rotta verso le Bocche di Bonifacio, fra Sardegna e Corsica. La loro destinazione finale era la costa francese dove lo yacht non è mai arrivato.
Gli investigatori dovranno capire se l’abbandono così repentino del natante, con comportamenti non in linea con persone esperte nella navigazione, tanto da fare traversate dalla Puglia alla Campania, come confermato da chi indaga, è stato dettato dal panico aggravato dal mare grosso oppure se ci sono altri motivi. Inoltre nessuno dei tre che erano a bordo del Carpe Diem si era poi attivato per tornare in Italia (dalla Francia) e recuperare lo yacht abbandonato – del valore di 200.000 euro – per metterlo in sicurezza.
Dubbi ancora sul perché per tornare in Italia (sempre che l’invito venga rispettato) e recuperare lo yacht ci sia stato bisogno che il proprietario venisse rintracciato e convocato dalla Finanza dopo quasi due settimane di ricerche internazionali in Francia, fra la Provenza e Parigi.
Un comportamento questo, che il diretto interessato e i due connazionali dovranno chiarire agli investigatori che al momento non contestano nulla ai tre – informa il Corriere – sebbene nelle prossime settimane non è escluso che possa essere consegnata una relazione in Procura a Civitavecchia su tutta la vicenda.
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