Annullata la confisca doganale di uno yacht attraccato a Imperia
Si tratta di una delle primissime decisioni che, nel panorama della nautica, dichiarano illegittima l’ablazione di un’imbarcazione a seguito di contrabbando
Contributo a cura di avv. Avv. Diego Zucal *
* Studio Giovanardi legale e tributario
Nel periodo estivo accade frequentemente che soggetti, residenti in o fuori dall’UE, si rechino in Italia per motivi di turismo con un’imbarcazione immatricolata in territorio extra-comunitario. In questo contesto le cronache giornalistiche raccontano, tutt’altro che raramente, di pleasure yacht sequestrati o confiscati dall’Amministrazione finanziaria per violazione della normativa doganale sull’ammissione temporanea.
In un recentissimo contenzioso sviluppatosi sul punto, il giudice fiscale di Imperia, con un’importante pronuncia, ha annullato il provvedimento di confisca di uno yacht battente bandiera extra-UE (Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Imperia, sentenza 4.7.2023 n. 94). Si tratta di una delle primissime decisioni che, nel panorama della nautica, dichiarano illegittima l’ablazione di un’imbarcazione a seguito di contrabbando.
I fatti di causa sono i seguenti.
L’Agenzia delle Dogane e dei monopoli ha contestato a un cittadino tedesco residente fuori dall’UE la violazione della normativa doganale sull’ammissione temporanea.
Il contribuente, dopo avere subito il sequestro dell’imbarcazione, ha proceduto al pagamento dei diritti doganali (Iva all’importazione) e al versamento delle sanzioni in ravvedimento operoso, con l’evidente finalità di disinnescare l’emissione del provvedimento di confisca. L’Amministrazione doganale, nondimeno, ha affermato che nei casi di contrabbando siffatta misura (quella della confisca) non potrebbe mai venire meno.
Il contribuente ha quindi impugnato il provvedimento. In sede di ricorso, oltre a una pluralità di eccezioni di stretto diritto, la difesa ha lamentato la violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni. Secondo i legali che hanno assistito il contribuente, infatti, una pena pari al 480% rispetto al tributo contestato non poteva dirsi in linea con quanto previsto all’art. 42, par. 1, del Codice doganale unionale, secondo il quale le sanzioni devono “essere effettive, proporzionate e dissuasive”. È stata altresì eccepita la violazione dei principi giuridici espressi in numerose decisioni della Corte di Giustizia Ue (causa C-524/15, Menci; causa C-272/13, Equoland) e della Corte di Cassazione (Cass. n. 14908/2022).
Il giudice di Imperia ha accolto l’articolata tesi dei difensori, stabilendo che “a parte la considerazione difensiva (contestata dall’Ufficio) secondo cui il pagamento delle sanzioni e delle imposte, impedirebbe l’applicazione della confisca, posto che nel caso di specie siamo in presenza di un’ipotesi di «contrabbando doganale amministrativo» e non penale, è evidente come una sanzione consistente nell’obbligo di pagare una somma pari al 480% del tributo, ecceda i limiti di quanto necessario per garantire il rispetto della normativa doganale e non risulti proporzionata al tributo evaso”.
Si tratta di conclusione condivisibile. Essa, infatti, pone un freno alla prassi degli uffici doganali che, nelle ipotesi di contrabbando, procedono alla confisca delle imbarcazioni (ma lo stesso vale per le autovetture, gli aeromobili, i gioielli, etc.) in maniera automatica, senza premiare il contribuente che decida di versare all’erario quanto richiesto, e senza tenere in debita considerazione il principio, appunto, di proporzionalità delle pene.
Va peraltro rimarcato che la decisione del giudice di Imperia appare in linea anche con i più recenti orientamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il difetto di proporzionalità della sanzione comporta, infatti, la lesione del diritto di proprietà di cui all’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU. In estrema sintesi, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo la limitazione del diritto di proprietà è manifestamente sproporzionata, e quindi illegittima, quando viene compromesso l’equilibrio tra le finalità repressive e afflittive e il sacrifico patito dal cittadino che ha trasgredito la disciplina doganale (Corte europea dei diritti dell’uomo, 15 novembre 2018, Togrul v. Bulgaria).
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