Paolo e Giovanna Vitelli: “Così Azimut Benetti navigherà in futuro tra successione e nuovi investimenti”
La presidenza dal prossimo Febbraio passerà da padre a figlia mentre il gruppo traguarda 1,4 miliardi di fatturato, punta sul refit, pensa alla costruzione di un nuovo giga yacht e punta a creare una rete di marina
Avigliana (Torino) – Il 2023 di SUPER YACHT 24 (che il prossimo 21 Gennaio festeggerà il suo primo anno di vita) si apre con un’intervista esclusiva a Paolo e Giovanna Vitelli, rispettivamente presidente e vicepresidente (per ora) del Gruppo Azimut Benetti, il primo cantiere al mondo nella produzione di yacht e superyacht secondo quanto certificato dall’ultima edizione del Global Order Book. Il bilancio 2021/22 del gruppo (chiuso ad Agosto) ha fatto registrare oltre un miliardo di fatturato, un Ebitda di 110 milioni e una posizione finanziaria netta di 315 milioni. L’esercizio in corso (2022/23) sarà secondo Azimut Benetti una certezza in quanto la produzione risulta già tutta venduta e chiuderà con un fatturato in crescita del 20% (1,2 miliardi) e un Ebidta in salita del 40% (oltre 150 milioni). Il ricco portafoglio ordini permette di pensare ai successivi due anni con un’ulteriore crescita attesa della marginalità. In questa situazione l’azienda ha deciso di investire per migliorare la capacità e l’efficienza produttiva al punto che l’Ebidta passerà al 15% del fatturato.
Che effetto fa e come spiegate la prolungata leadership mondiale del gruppo Azimut Benetti nel Global Order Book 2022?
Paolo Vitelli: “Siamo molto orgogliosi di questo risultato per il 23° anno consecutivo ma pensiamo non sia casuale e non avevamo nessuna preoccupazione di perdere questo primato, anche se siamo orgogliosi di averlo raggiunto ancora una volta. Individuiamo nell’innovazione di prodotto la ragione per questo primato e per il distacco che abbiamo aumentato rispetto ai competitor. Mia figlia Giovanna ha avuto un ruolo importante nell’innovazione perché gestisce i tavoli di sviluppo, raccolta di innovazioni e di prodotti”.
Innovazione e sostenibilità sono oggi imprescindibili una dall’altra?
P.V.: “Fino a ieri no; da oggi sì. Fino a ieri questo aspetto era ancora guardato non come una priorità assoluta della nautica. Noi l’abbiamo fatta perché sono 15 anni che portiamo avanti tecnologia di produzione, alleggerimento delle barche, efficienza della macchina propulsiva, siamo stati pionieri dei Pod. Da adesso ci dedicheremo sostanzialmente a lavorare anche per ridurre la percentuale di inquinamento per kilowatt prodotto. Il banco di prova che abbiamo messo sul mercato è il B.Yond 37, un super yacht ibrido diesel/elettrico di facile utilizzo, dove l’hotel mode esiste, dove la propulsione elettrica esiste, dove tutto è gestito non da un’accozzaglia di materiali, ma da una Siemens che fa da coordinatrice delle varie funzioni che possono essere modificate. Si tratta di usare tecnologie nuove e a Febbraio riveleremo in maniera chiara la direzione da prendere. Vogliamo, però, a differenza dei nostri concorrenti, seguire una strada chiara; a volte l’utilizzo di una componente molto modesta di una fonte nuova di energia è scambiata per l’utilizzo dell’intera propulsione della nave. Quindi c’è un pò di communication nel gioco delle parti. Noi vorremmo dare un messaggio che sia credibile così come è stato credibile il messaggio sull’innovazione del prodotto dato negli ultimi anni.”
Giovanna Vitelli: “Perché questo avvenga oggi vuol dire che il seme è stato piantato almeno 5 anni fa, anzi ormai 8, quando di sostenibilità di parlava ancora poco. Per arrivare a questi traguardi oggi noi ci siamo impegnati tanto tempo prima.”
Siete d’accordo con chi sostiene che il metanolo possa essere il nuovo carburante del futuro?
G.V.: “Non sembra una soluzione attuabile nel breve termine.”
P.V.: “È un’opzione, ma richiede due volte e mezzo la capacità di stoccaggio a bordo, quindi significa ridurre a meno della metà l’autonomia o raddoppiare i serbatoi. Noi combattiamo da un po’ le chiacchiere di chi parla di metanolo!”
Come vedete il mercato dei superyacht nei prossimi 5-10 anni dopo questo boom?
P.V.: “Io lo vedo bene, nel senso che l’economia dovrebbe avere un leggero ripiegamento, ma poi trovare una stabilità nel medio termine. A questo fenomeno positivo si aggiunge sicuramente una cultura diversa data dal Covid; la barca rientra in quell’utilizzo meno contaminato, più esclusivo e più familiare che il Covid ha generato. Quanto durerà questa cultura? Credo a lungo. Quanto durerà il fatto che sono state accumulate delle riserve finanziarie non spese durante il Covid? Meno a lungo, ma nel frattempo sembrerebbe che l’economia possa ripartire. Pertanto la nostra visione è di stabilità e non solo per i grandi yacht, ma anche per la barca media (magari con una diversa richiesta).”
Emergono però nuovi rischi: ad esempio chi vuole contrastare i super yacht come avviene con gli aerei privati. Vi preoccupa questa tendenza?
P.V.: “Bisogna che cambi la percezione del pubblico verso l’utilizzo di un bene che non ha niente di negativo e che dimostreremo che anche dal punto di vista ambientale è assolutamente poco impattante. Bisogna che ci sia un consenso generale dato anche da voi media sulla barca intesa come un sistema dove fare una vacanza e come uno degli assi produttivi principali del nostro Paese se vogliamo guardarlo come Italia. Gli altri Paesi non hanno peli sulla lingua a dirlo. Gli olandesi, i tedeschi, gli americani e anche i francesi sostengono che si tratta di un asset di cui essere orgogliosi perché produce ricchezza oltre che tempo libero. Noi dobbiamo ancora fare questo passo.”
G.V.: “È giusto, però, che il settore si occupi e dia risposte al tema della sostenibilità; quindi che ci sia un’attenzione su questo aspetto da parte di tutti noi perché il tema dei minori consumi ci riguarda; dal riscaldamento di casa all’andare in barca. Per questo, secondo me, non si tratta più di una scelta ma di una necessità che i cantieri seri diano una risposta seria a questo aspetto. E quindi alla sua domanda se vediamo che questo tema ecologico possa in qualche modo influenzare il settore, dico che è giusto che lo influenzi perché è una risposta che questo settore deve dare.
Aggiungo che questo è oggetto oggi finalmente di attenzione anche da parte del cliente e faccio un esempio: se guardiamo al Benetti B.Yond, delle circa 10 unità vendute per la metà il cliente ha scelto quel sistema di Siemens per una maggiore sostenbilità che è un sistema costoso. Quindi c’è già effettivamente una cultura anche nel mondo degli utilizzatori che sta cambiando”.
Il gruppo Azimut Benetti, oltre al core business della costruzione di barche e navi da diporto, dove sta guardando? Più marine in gestione, più attività di refit o di servizi?
P.V.: “Noi da sempre abbiamo la presunzione di fare le cose bene occupandoci del nostro core business come attività principale. Nell’ambito del servizio riteniamo essenziale il refit delle imbarcazioni e perciò abbiamo deciso di sviluppare questo settore; abbiamo previsto un investimento di 12 milioni di euro di potenziamento del nostro cantiere Lusben di Livorno. Siamo all’inseguimento del numero uno come fatturato (il cantiere Amico & Co, ndr) e vogliamo presto batterlo. Riteniamo che questo sia un completamento della nostra attività.
Le marine lo sono altrettanto però vorremmo che la nostra attività fosse inserita in un meccanismo più ampio perché nelle marine crediamo giochi il concetto della rete alberghiera. Pensiamo di andare a collegarci con qualcosa di esistente per poter fare una rete delle marine.”
In termini di capacità produttiva guardate con interesse alla possibilità di acquisire nuovi cantieri o nuovi spazi produttivi?
G.V.: “Abbiamo la necessità di ampliare la capacità produttiva perché il momento è favorevole e il portafoglio ordini lungo lo richiede. Ad Avigliana aumenteremo del 27% la capacità produttiva nel corso di questo triennio rivedendo tutti i processi e investendo anche in una revisione dello spazio. Ad esempio abbiamo uno dei nostri capannoni interamente occupati da magazzino e lì opteremo per stoccaggi verticali e automatizzati per liberare spazio da dedicare alla produzione. Quindi la combinata di rivedere il processo per renderlo ancora più serrato, con un lead time che si riduce, con il liberare spazi con investimenti da industria evoluta ci porta a farcelo in casa l’aumento di capacità produttiva. Invece per quanto riguarda la Toscana stiamo affittando aree esterne per avere un po’ di polmone.”
Guardate sempre con interesse anche alla taglia dei giga yacht?
P.V.: “Abbiamo fatto dei giga, ma guardiamo con attenzione a farne purché abbiano un contenuto di innovazione e di tecnologia coerente con quello che abbiamo imparato; non fare un giga per il gusto di farlo. Sennò occuperemmo uno spazio che potrebbe essere meglio impiegato con la costruzione di barche inferiori. Oggi abbiamo in trattativa dei giga che ci piacciono, intorno ai 100 metri di lunghezza, per essere la quint’essenza della bellezza e della tecnologia e, appena si presenta l’occasione, un altro giga lo faremo, altrimenti sarebbe andato perduto l’investimento avviato in passato.”
G.V.: “Potremmo sembrare presuntuosi, e forse un po’ lo siamo, ma siccome gli slot produttivi sono strapieni perché il mercato tira parecchio, abbiamo la possibilità di decidere come allocare lo spazio produttivo.”
Quanti metri potrebbe essere il prossimo giga yacht di Benetti?
P.V.: “Intorno ai 100.”
Per ciò che riguarda il passaggio generazionale, quale sarà il futuro del gruppo Azimut Benetti?
P.V.: “Quello che posso dire è che a Febbraio lascerò la presidenza a Giovanna semplicemente perché ho l’età che tutto il mondo riconosce corretta per un cambio e conseguente successione e perché mia figlia ha acquisito le esperienze e le conoscenze necessarie.
Siamo pronti per il cambio generazionale, l’abbiamo costruito in tanti anni di lavoro, siamo fortunati perché il momento economico permette di assorbire questa transizione serenamente. Io rimarrò nel Consiglio d’amministrazione per un certo periodo, a disposizione, ma ci terremmo che, con delle regole aggiornate, il potere passasse veramente di mano e io, allora, andrò via.”
G.V.: “Non mi viene quasi in mente nelle società italiane un fondatore che abbia guardato con questa lungimiranza all’idea del passaggio generazionale. È un fatto abbastanza unico e di grandissima visione e anche di grande generosità nei confronti miei, ma anche dell’azienda. Di questo sono pubblicamente molto grata perché il nostro è un caso abbastanza unico.
Per il futuro l’andare avanti di questo traghettamento che è proporzionale alla crescita dimensionale dell’azienda che già oggi, già solo nel piano triennale in corso, ha una prospettiva di crescita del fatturato molto significativa. Oggi proiettiamo 1,2 miliardi di euro, andremo a 1,4 miliardi, quindi questo passaggio e il relativo cmbio di governance sono un aspetto necessario per la salute dell’azienda.”
Nei super yacht e giga yacht secondo voi la cantieristica italiana ha ancora qualcosa da invidiare ai colleghi del Nord Europa?
P.V.: “Ci avviciniamo. Hanno purtroppo ancora una credibilità internazionale per qualche ragione superiore perché per il resto il prodotto è molto simile. Ma la puntualità, l’essere chiari con il cliente e le regole commerciali mai messe in discussione hanno creato nei nordeuropei un valore aggiunto negli ultimi 40 anni. Credo però che negli ultimi 5 anni abbiamo recuperato molto su questo terreno e ci stiamo avvicinando. In termini di sostanza abbiamo recuperato quasi tutto il tempo passato; un po’ più di organizzazione nella comunicazione sarebbe utile visto che siamo vicini a loro nella sostanza.
Guarda caso l’Associazione dei grandi yacht (Sybass – Superyacht Builders Association, ndr) ha sede in Olanda ed è gestita da nordeuropei. Visto che deteniamo una grande percentuale del fatturato mondiale di questo settore e cominciamo a detenerlo bene, non solo per i prezzi, ma per la credibilità, bisognerebbe che rafforzassimo questa credibilità con un’unione di immagine e di comunicazione.”
Un’azienda come la vostra non ha bisogno di guardare alla Borsa o ai fondi d’investimento?
G.V.: “I soci di minoranza li abbiamo sempre avuti in passato e quindi, a seconda dei tempi, abbiamo scelto alleanze differenti. Il primo fu un cliente Benetti di Hong Kong che s’innamorò poi anche dell’azienda, poi fu Banca Intesa che ci aprì un po’ di più al sistema Italia all’estero e oggi poi abbiamo TIP (Tamburi Investments Partners) che attualmente detiene il 12%. Sono state alleanze che nel tempo si sono rivelate utili, quindi alle alleanze siamo sempre aperti in questa logica. Siamo stati certamente molto corteggiati negli ultimi periodi. Nel futuro, sempre se ci saranno alleanze utili, perché non coglierle?
P.V.: “Non abbiamo più preclusioni assolute; siamo aperti a qualcosa che rafforzi l’azienda. Ovviamente dopo 10 anni il fondo Tip si guarda anche lui un po’ attorno.”
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