Pellegrino (Arcadia Yachts): “Il primo armatore acquistò un nostro yacht con un ritaglio di giornale”
Secondo il fondatore del cantiere campano la sostenibilità oggi è “molta comunicazione ma poca sostanza.”
Ugo Pellegrino è armatore e figlio di armatore, ma la nascita di Arcadia Yachts non dipende da questa passione di famiglia verso il mare. Piuttosto dice sia stato il destino e il perchè il numero uno del cantiere lo racconta in questa intervista a SUPER YACHT 24.
E’ un amico di famiglia, e socio del Polo Nautico Campano, a chiedere ai Pellegrino, imprenditori nell’ambito della plastica, un incontro per avere loro pareri sul vetroresina. Da questo momento le vicende che si susseguiranno vedranno in poco tempo i Pellegrino prima in quota di 1/3 nella società, poi di 2/3 e infine, forse più per l’amicizia e il rispetto dell’amico che frattempo si ammala e purtroppo scompare, a ritrovarsi proprietari al 100% di un’azienda attiva nello stampaggio di scafi per la nautica, senza avere alcuna esperienza nel campo.
E la storia qui è solo all’inizio. Come procede presidente Pellegrino?
“A quel punto eravamo noi ad aver bisogno di consigli su questo nuovo mercato e chiedemmo un incontro con un ex socio. Al termine della riunione lui mi mostrò uno schizzo di una barca su un foglio qualsiasi di carta: era il profilo dell’Arcadia 85. La barca era molto strana soprattutto per quegli anni, aveva vetrate, giardini d’inverno; me ne innamorai subito e suggerii alla mia famiglia di cambiare investimento, cioè di non fare più stampi ma di iniziare a fare imbarcazioni. Era il 2008 e così nacque Arcadia Yachts, e poi nel 2010 Arcadia 85, la nostra prima barca. Da qui iniziò un percorso fatto di grandi emozioni e di fatica, ma anche di fiducia, sfida e grande entusiasmo.”
L’ Arcadia 85, antesignana di un concept green che ancora non era forse neanche percepito nel settore, come fu accolta?
“Al di là di ogni migliore aspettativa. La vendemmo in dieci minuti senza neanche dover trattare il prezzo. Eravamo alla nostra prima fiera, a Dusseldorf, con uno stand a dir poco essenziale costruito tutto da noi. Il nostro cliente, un miliardario svizzero-tedesco che era già in viaggio verso la fiera, aveva visto il nostro rendering – anch’esso ‘essenziale’ – su una pagina pubblicitaria di una rivista all’aeroporto, l’aveva strappata e con quella in tasca era venuto diretto da noi. La sua sensibilità verso l’ambiente l’aveva portato ad Arcadia: quell’uomo dedicava metà del suo patrimonio al salvataggio dalla deforestazione di territori del terzo mondo. Da quel momento, dopo che la ‘concorrenza’ vide chi era salito sulla nostra barca, si formò una fila incredibile di persone che volevano vederla.”
Una storia davvero straordinaria, ma quale ritiene sia stata la chiave di volta che ha lanciato Arcadia fino al successo?
“Credo sia stata proprio la sua unicità a darci un’identità sul mercato, sia per le forme che per i concetti totalmente nuovi che rappresentava. Al tempo gli yacht erano tutti ‘troppo’ per dimensioni e per consumi elevatissimi. Il nostro invece è stato da subito un prodotto slow navigation, slow mode, orientato al green e all’ecosostenibilità.”
Cosa state sviluppando oggi su questo vostro filo conduttore green?
“Tutta la nostra nuova gamma A96. Dopo un prodotto con un carattere così forte non è stato semplice creare il nuovo progetto, ma ci siamo riusciti senza perdere la nostra identità, con linee e design molto puliti ed eleganti: qualità che lo rendono senza tempo come senza tempo e iconico è ancora Arcadia 85. Il progetto A96 di 29 metri è costruito quasi interamente con materiali ecosostenibili, tutta la fase di stampaggio è a infusione in modo da non avere emissioni in atmosfera e c’è una riduzione dei pesi ottenuta grazie a uno studio attento sulle superfici. Inoltre la resa dei pannelli solari – nostro cavallo di battaglia essendo stati i primi nel mondo a inserire i cristalli fotovoltaici sugli yacht – negli ultimi 10 anni è aumentata del 40% e con quelli di nuova generazione si avvicinerà al 50%. A partire dalla seconda unità del modello si potrà avere, come optional, anche un impianto a batterie che darà un’autonomia alla barca, con tutte le funzioni attive, di 7-8 ore in modalità notturna.”
Il design degli interni quanto pesa sul successo di uno yacht?
“Molto. Per il nuovo progetto A96 lo abbiamo affidato a Igor Lobanov chiedendogli di perseguire il concetto del well being che rappresenta la nostra idea di benessere ed il risultato è stato ottimo, tanto che ogni volta che lo riguardo mi emoziono: non riesco a trovare un difetto. E’ riuscito a trasmettere all’interno della barca il senso del contatto con la natura e i suoi elementi disegnando contemporaneamente forme molto accoglienti. Lobanov è riuscito a trasmettere in pieno lo stile Arcadia.”
Il ‘cliente tipo’ di Arcadia oltre all’attenzione per l’ambiente ha delle caratteristiche particolari?
“Ha cultura nautica, è elegante, non ha bisogno di apparire. Il nostro cliente non ha un legame con il nostro target di prodotto perché potrebbe avere molto di più, spesso proviene da barche molto più grandi, ma si innamora delle nostre. Da noi ha carta libera sulle scelte, nonostante questo non abbiamo mai assistito a uno stravolgimento del nostro layout; quello che vuole è solo personalizzare gli arredi della barca per sentirla unica e sua e si diverte a realizzarla insieme a noi.”
Produrre poche unità all’anno, al di là della soddisfazione nel creare un rapporto più stretto con il cliente, porta vantaggi?
“Un Arcadia è riconoscibilissimo e con linee ‘senza tempo’: questi due valori, insieme alla produzione limitata, gli danno una maggiore rivendibilità. I suoi tempi di vendita sono brevissimi – un A115′ è stato sul portale di un’agenzia di broker un solo giorno – ed anche il costo d’acquisto si mantiene alto.”
Quale scelta è stata fatta riguardo alle performance della nuova barca?
“Pur ritenendo che 16 nodi siano già una velocità sostenuta per andare in vacanza in barca abbiamo voluto dare più possibilità alla clientela inserendo una carena nuova rispetto all’A85, ma di derivazione Sherpa 80; con questa lo yacht potrà navigare in dislocamento e in semi dislocamento a 15-16 nodi con consumi più bassi rispetto al mercato, arrivando ai 24 nodi di massima.”
Quale ritiene sarà in futuro la migliore soluzione ecosostenibile per gli yacht? E soprattutto: quando sarà pronta?
“Credo che per soluzioni come l’idrogeno, propulsione elettrica, propulsione ibrida sia ancora troppo presto per parlarne. Nel settore crociere si sta provando l’idrogeno ma, come nell’automotive, non esiste ancora qualcosa di pronto, stesso discorso per la navigazione elettrica. Per raggiungere 8 ore di ‘night mode’ su una barca noi carichiamo 1.200 chili di batterie al litio che costano più di mezzo milione di euro: proviamo solo a immaginare quanto peserebbe il quantitativo necessario per navigare e quanto costerebbe all’armatore; non ultimo, c’è il problema del suo smaltimento. E infine pensiamo a tutti gli incendi avvenuti sugli yacht nella scorsa estate che sono stati provocati dalle batterie al litio. La realtà è che siamo pronti solo per la night mode e non per altro. Purtroppo c’è molta comunicazione sul tema, ma poca sostanza.”
Arcadia Yachts dal 2007 dà lavoro a 150 dipendenti oltre che a un nutrito indotto di imprese italiane; di cosa avrebbe bisogno il settore per svilupparsi ancora?
“Sarebbe importante far capire a livello nazionale che con la nautica da diporto vive tantissima gente, non ritenerla solo un settore di lusso per élite ma esserne orgogliosi come italiani sia perché rappresenta il meglio del Made in Italy sia per il grande indotto che fa lavorare sia perché crea attività ai porti turistici che veicolano ricchezza nel Paese. Per questo andrebbe fattivamente supportata nella realizzazione delle infrastrutture necessarie e sotto il profilo dei finanziamenti”.
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