Capitani: “Basta con la fuga di comandanti italiani verso i titoli MCA”
L’associazione Italian Yacht Masters sta lavorando per cambiare il quadro normativo
Il viaggio di SUPER YACHT 24 nel mondo dei comandanti ha toccato recentemente temi come ilrischio di un calo degli stipendi e la difficoltà di comprensione di normative spesso disorientanti. Con Maurizio Capitani, vicepresidente dell’associazione Italian Yacht Masters e da poco premiato a Yare per la sua lunga carriera nel diporto, analizziamo il momento di mercato dalla prospettiva di chi naviga su superyacht dal 1988.
Terminati gli studi nautici all’istituto Giovanni da Verrazzano di Porto Santo Stefano (Grosseto), sua città d’origine, Capitani (nomen omen) ha infatti trascorso i primi otto anni della sua carriera in ambito mercantile a bordo di petroliere fino a ottenere il titolo di comandante di lungo corso, per poi entrare nel mondo del diporto.
Oggi è il comandante di “My Johanna”, un Benetti di 42 metri del 2011 con sette persone di equipaggio che la famiglia armatrice fa navigare in Mediterraneo, mentre in inverno manutenzione e interventi vengono effettuati presso le strutture Lusben/Benetti di Livorno. La “longevità” di Capitani riguarda anche il servizio con l’attuale armatore, per cui lavora da ben 19 anni.
Comandante, come mai la scelta di passare alla nautica?
“Fu la nascita del mio primo figlio a farmi decidere di entrare in questo settore: sbarcai a Singapore dalla mia ultima nave e iniziai la carriera nel diporto”.
Parliamo dei comandanti italiani, anche lei vede il rischio di un calo degli stipendi?
“Onestamente non lo vedo molto, io penso che se mi paghi poco vuol dire che valgo poco. C’è piuttosto un altro problema per la nostra categoria e cioè la competizione con i comandanti anglofoni per arrivare ai posti di comando. Come Italian Yachtmasters stiamo lavorando su questi aspetti”.
Cosa manca ai nostri comandanti rispetto a quelli di lingua inglese?
“Dal punto di vista delle capacità professionali nulla, anzi direi che se c’è un gap è a nostro vantaggio. Sicuramente però molti di noi hanno ancora problemi con la lingua, chi parla bene inglese è ancora una stretta minoranza purtroppo. Generalmente poi noi siamo un po’ più attenti a dove si naviga e dove si sbarca, per cercare di essere più vicini a casa, mentre i comandanti inglesi hanno uno spirito più girovago, si fanno molti meno problemi sul dove”.
La Brexit cosa ha comportato sul mercato dei comandanti?
“Devo dire che ha favorito paesi come noi, Francia, Spagna o Croazia in quanto i colleghi inglesi incontrano problemi di visto per entrare e uscire dai paesi Ue. Per quanto riguarda i comandanti dei paesi del Mediterraneo mi fa piacere segnalare che durante una visita alle strutture di Sanlorenzo effettuata nel corso dell’ultimo Yare un manager ha sottolineato come l’azienda prediliga i comandanti ‘latini’ in quanto si immedesimano meglio nel lifestyle che propone il cantiere. Si riferiva anche al layout della barca, al gusto per gli interni, tutti aspetti che un buon comandante deve valutare quando accompagna un armatore nella scelta di un superyacht”.
Parliamo del rapporto armatore-comandante, quanto si affida a voi il proprietario?
“In maniera pressoché totale, il rapporto è di fiducia assoluta, se lo yacht non è gestito da una società dedicata di fatto siamo noi i manager della barca. Per le lavorazioni più importanti però, che comportano esborsi di un certo rilievo, ne discutiamo prima assieme. Quando si tratta della costruzione di un superyacht nuovo seguiamo tutte le fasi, per esempio per quello su cui navighiamo attualmente ho firmato io l’accettazione alla consegna”.
Quanto è il budget annuale per gestire un superyacht come il suo?
“Siamo sopra il milione di euro, compresi gli stipendi degli equipaggi”.
Quali sono le criticità maggiori che vi trovate ad affrontare come categoria?
“Sicuramente quelle relative ai titoli di navigazione: purtroppo a livello governativo spesso vengono prese decisioni che poi ci si ritorcono contro. Rinnovare e mantenere i titoli validi nel nostro ordinamento è sempre un problema, è un dato di fatto che ora anche i nostri giovani tendono a prendere i titoli MCA del diritto anglosassone, che costano un pochino di più ma sono molto più accessibili e malleabili”.
E voi cosa state facendo per cambiare la situazione?
“Come Italian Yachtmasters stiamo lavorando insieme a Ucina Confindustria Nautica per rappresentare queste istanze a livello istituzionale. La nostra associazione sta crescendo anche numericamente e i temi dei titoli, della formazione e dell’aggiornamento professionale sono fra
quelli più sentiti”.
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