Armatori russi di superyacht nel mirino (anche in Italia)
Le reazioni alla guerra in Ucraina nell’industria della grande nautica fra casi di cronaca e interventi legislativi
La guerra in Ucraina sta avendo i suoi effetti anche sul settore dei superyacht, come è normale. Sono molti gli armatori provenienti da tutti e due i paesi che animano da anni i mercati, sia delle vendite che del charter, in un trend che si era consolidato da tempo.
Discorso simile per gli equipaggi, anche se e onore del vero questo vale più per il settore mercantile che per la nautica: secondo i calcoli dell’International Chamber of Shipping infatti i marittimi russi e ucraini contano per il 14,5% della forza lavoro a livello globale, un numero elevatissimo. Non si dispongono di statistiche simili per gli equipaggi di superyacht ma di sicuro la presenza di marinai delle due nazionalità è consistente.
La situazione attuale, oltre che naturalmente drammatica dal punto di vista umanitario, è di grande incertezza per tutti gli operatori, in una percentuale che cresce con l’aumentare delle dimensioni delle barche. E’ davvero difficile prevedere durata e sviluppi della crisi e i primi segnali concreti sono particolarmente inquietanti.
Si è partiti infatti con un caso di cronaca, vale a dire il tentativo di affondamento del superyacht “Lady Anastasia” al porto Adriani di Calvià (Maiorca). A effettuare il gesto un marinaio ucraino, appunto, immediatamente arrestato dalle autorità spagnole: il 47enne lavorava a bordo dello yacht, del valore di 7 milioni di euro, che risulta appartenere al russo Aleksander Mijeev, un uomo d’affari già a capo della Russian Helicopter Corporation e ora impegnato con la società Rostoc nella vendita di armi in tutto il mondo.
Proprio l’attività dell’armatore è la causa del blitz del marinaio ucraino, che ha voluto punire quello che nella sua confessione davanti ai giudici spagnoli ha definito un “trafficante di armi”. Prendendosi l’intera responsabilità dell’accaduto, ha raccontato di aver aperto una valvola in sala macchine e una in un alloggiamento dell’equipaggio, chiudendo poi le valvole del carburante e spegnendo l’elettricità in modo da evitare incendi a bordo. Successivamente ha invitato gli altri membri dell’equipaggio ad abbandonare lo yacht, che è semi affondato prima di essere stata recuperato dal personale del porto. I danni sono comunque ingenti.
Probabilmente per evitare grane simili il magnate russo Andrey Melnichenko, vicinissimo a Putin, ha dato ordine al comandante del suo megayacht “A”, che si trova all’Arsenale di Trieste, di finire le lavorazioni e salpare al più presto, come riportato dal Piccolo. Il megayacht a vela, lungo 142 metri, era affidato alle cure di Fincantieri per interventi di manutenzione.
Fra le iniziative a livello politico da segnalare la proposta di Don Young, esponente repubblicano del Congresso americano in rappresentanza dello stato dell’Alaska, che ha chiesto al governo federale di inserire la possibilità di sequestrare yacht facenti capo a soggetti russi fra le sanzioni anti-Putin. La misura, secondo la proposta, dovrebbe riguardare yacht appartenenti ad armatori russi, navi commerciali e anche navi che navigano sotto “bandiere di comodo” di altri paesi ma sono di fatto appartenenti a proprietari russi.
Curioso il nome del “pacchetto” di sanzioni proposto, che Young ha chiamato BOATS, acronimo di Bringing Oligarch Accountability Through Seizure, e che dovrebbe anche prevedere la vendita all’asta dei beni in una fase successiva al sequestro, con i proventi da destinare ad aiuti umanitari.
R.M.
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Il timore delle sanzioni e la partenza da anticipare: lo yacht del magnate russo fermo a Trieste che va completato il prima possibile: Le opere sul panfilo a vela da 143 metri e tre giganteschi alberi dovrebbero concludersi nel giro di qualche giorno.… https://t.co/RgaXIUXX2z
— messaggeroveneto (@messveneto) February 28, 2022