Italian Yacht Masters compie 10 anni e chiede uno yachting sostenibile
Cantieri, manager e comandanti a confronto sul perchè ancora oggi l’ecocompatibilità fatichi a sposarsi con le grande nautica da diporto
Loano (Savona) – “Inspiring sustainability – The role of modern Captain”. Questo il titolo scelto per il convegno con cui è stato celebrato presso il Marina Loano il 10° anniversario di Italian Yacht Masters, l’associazione arrivata a rappresentare un centinaio di comandanti italiani di navi da diporto. Le conclusioni che si possono trarre dal vivace dibattito andato in scena sul tema della sostenibilità sono tre: i comandanti chiedono alle società di yacht management di lavorare sempre più a stretto contatto, tutta l’industry è coesa nel voler migliorare l’impatto ecologico della nautica da diporto ma rimangono ancora molti ostacoli importanti per poter vedere all’orizzonte il raggiungimento di risultati importanti.
Due dei tanti ostacoli sono stati menzionati durante i lavori da Gino Battaglia, presidente di Italian Yacht Masters, e da Stefano Fanizza, direttore commerciale del cantiere Benetti. All’inizio della mattinata quest’ultimo, pur sottolineando gli sforzi del suo gruppo nella direzione di progettare e proporre nuovi modelli di barche e l’utilizzo di sistemi di propulsione più green, ha detto che “per l’ultima barca venduta il comandante ha suggerito all’armatore di scegliere uno yacht a carburante tradizionale”. Battaglia, commentando al termine il dibattito emerso dalle tavole rotonde, ha raccontato il caso di armatori che chiedono di utilizzare due generatori per poter fare la sauna a bordo di un super yacht di 70 metri, altri che per la fretta di ricevere la barca impongono la massima velocità durante un trasferimento e così via. “Se mi permetto – ha raccontato – di far notare che alcune scelte consentirebbero notevoli risparmi nei consumi, in risposta mi viene ricordato che chi paga lo stipendio al comandante è l’ospite armatore a bordo” (il quale vuole divertirsi e godersi al meglio ogni attimo).
Per questo Battaglia nei suoi interventi ha più volte richiamato la necessità di una stretta collaborazione fra la loro categoria e le società di yacht management. “Noi comandanti siamo attenti alla sostenibilità e a non inquinare ma dobbiamo collaborare più strettamente con le società di management per far arrivare messaggi importanti anche agli armatori. Così come vogliamo dare l’opportunità alla nuova generazione di giovani comandanti di poter crescere professionalmente perché noi italiani non siamo secondi a nessuno e non temiamo nessuna concorrenza. Ci sono però ancora molti giovani che pensano che lavorare su uno yacht sia una boat holiday”.
Per portare il punto di vista dei cantieri sul tema della sostenibilità ha preso parte ai lavori anche Eva Orsi, presidente di Tankoa Yachts, che ha voluto evidenziare come gli armatori siano in ultima istanza responsabili di come utilizzano il proprio yacht. “Sono soprattutto i giovani – ha detto – ad avere una maggiore cultura e consapevolezza della sostenibilità e questo ci lascia ben sperare guardando al futuro”.
Diletta Tunesi di Femo Bunker ha evidenziato che l’azienda per cui lavora ha da poco effettuato ad Antibes il bunkeraggio di un super yacht (il Savannah di 83 metri) con diesel Hvo a dimostrazione del fatto che “già oggi esistono soluzioni praticabili” senza necessariamente inventarsi chissà quali soluzioni o nuovi progetti. “L’utilizzo di carburanti alternativi è già oggi una realtà e lo abbiamo fatto” ha affermato di fronte ai presenti.
Sul tema della cultura e della formazione degli equipaggi e degli stakeholder ha posto l’accento Francesco Luise, managing partner di Luise Group, chiedendo cosa i cantieri stiano facendo per divulgare conoscenza e creare competenze. “Appositi panel, cerchiamo di proporre formazione, training e creare cultura. Questo pensiamo che sia un buon punto d’inizio” è stata la risposta ricevuta dai costruttori di yacht.
Il comandante Renzo Chelazzi è fra i pochi ad aver già potuto sperimentare la conduzione di una nave di Tankoa Yachts a propulsione ibrida (elettrica) e a questo proposito ha sollevato anche il delicato tema dello smaltimento delle batterie. “Se la barca facesse doppia stagione in estate e in inverno usando molto la propulsione elettrica dopo due anni e mezzo le batterie sarebbero da sostituire” ha fatto presente l’esperto comandante, sottolineando il trade off fra lo smaltimento e l’utilizzo di altre soluzioni diverse dall’ibrido elettrico.
A proposito di sprechi e paradossi il comandante Pierluigi Ippoliti è intervenuto per sottolineare che la Francia talvolta impone con appositi regolamenti di “spegnere anche le luci degli yacht in acqua sotto lo scafo perché disturbano i pesci. Perché non si mettono meno luci sullo yacht? Deve necessariamente essere così illuminato? Perché non viene progettato da zero un nuovo modello di yacht davvero sostenibile?” ha domandato.
Sulla scorta di questi interrogativi da alcuni membri di Italian yacht Masters è stato chiesto pubblicamente ai cantieri di coinvolgere i comandanti e gli equipaggi “fin dalle prime fasi di costruzione e concepimento di un nuovo super yacht” e non solo nelle fasi di allestimento finali.
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