Supply chain e nautica: i cantieri italiani hanno detto addio al ‘Just in time’
Pochi i ritardi nelle consegne dei nuovi super yacht grazie alla programmazione e alla flessibilità delle aziende, soprattutto dei fornitori italiani
Milano – Dal confronto fra industria della nautica organizzato da Confindustria Nautica e Deloitte andato in scena a Milano presso Palazzo Mezzanote è emerso anche un interessante dibattito che ha riguardato le criticità legate agli approvvigionamenti che anche l’anno scorso e ancora oggi tengono col fiato sospeso i cantieri costruttori di navi da diporto.
“Nella filiera abbiamo il valore e il rischio più grande” ha sottolineato Carla Demaria, executive director di Sanlorenzo e amministratore delegato del marchio Bluegame, aggiungendo che “il just in time ce lo siamo dimenticati e abbiamo fatto il più possibile magazzino. Ci è costato di più ma non si poteva fare altrimenti”.
A proposito dell’importanza di rispettare i tempi di consegna pattuiti con gli armatori committenti la Demaria ha detto: “Noi non abbiamo praticamente avuto ritardi. Quando alcuni fornitori sono andati in difficoltà ne abbiamo aggiunti altri. Facendo yacht soprattutto su misura il just in time ha un valore limitato e relativo”.
Al fine di assicurarsi una precedenza sulle forniture e per avere un controllo maggiore sulle aziende partner sia Sanlorenzo che altri cantieri stano da tempo cercando di integrare verticalmente la filiera con acquisizioni.
Lo stesso ha fatto il Gruppo Ferretti come ricordato da Stefano de Vivo, chief commercial officer del gruppo nonché Managing Director di Wally, che ha citato a questo proposito le recenti acquisizioni di
Fratelli Canalicchio e Masello: “Vogliamo evitare che aziende come queste diventino monomandatarie ma ci interessa che lavorino al 50-60% per noi”. De Vivo ha poi proseguito spiegando che “size matters” (la dimensione aziendale conta) e “per Ferretti è stato un fattore a favore, così come lo è stato quello di avere la liquidità per pagare le forniture in anticipo. L’anno scorso su 240 barche solo 6 sono andate oltre la stagione (per fortuna erano tutte piccoline tranne una). Perdere tre mesi sulla consegna in estate significa perdere un anno” ha sottolineato.
A proposito delle sfide imposte dalle catene di forniture Fabio Planamente, amministratore delegato di Cantiere del Pardo, ha confermato che “il magazzino just in time oggi non esiste più, speriamo che un po’ ritorni. Prima – ha aggiunto – era visto come un costo mentre ora è essenziale per disporre dei materiali quando servono”. Planamente ha rivelato che anche Cantiere del Pardo ha cercato di integrare verticalmente alcuni fornitori strategici.
Per Maurizio Balducci, amministratore delegato del gruppo Overmarine, “la parola d’ordine è diventata flessibilità. Più capacità di adattamento. Abbiamo dovuto imparare a proseguire la costruzione di barche installando a bordo i motori in una fase più avanzata della costruzione invece che prima come si era sempre fatto” ha rivelato spiegando come si è ovviato ai ritardi delle forniture”. Su questo aspetto della flessibilità e del problem solving Balducci ha riconosciuto un merito particolare alle aziende italiane: “Si è sofferto molto di più con i fornitori stranieri, si sono dimostrati meno flessibili. Gli italiani si sonno sempre inventati qualcosa per consegnare”. Dalla platea, dove erano presenti molte aziende dell’indotto, è partito un applauso spontaneo e di apprezzamento. “Abbiamo decine di migliaia di euro di penali per ogni giorno di ritardo su una consegna, non possiamo permetterci che un fornitore ritardi e ci metta in crisi” ha ancora sottolineato il vertice di Overmarine, cantiere che ha sempre preferito avere a magazzino prima di avviare una costruzione tutto ciò che serve per arrivare in fondo e completarla.
Per il Gruppo Permare “la programmazione è stata fondamentale per riuscire a passare da una produzione di 3 a 9 barche ogni anno” è stata la testimonianza di Barbara Amerio, amministratore delegato del cantiere ligure, che vede “nel 2026 un punto di consolidamento del mercato” dopo anni di grandi ordini. Il limite alla crescita dell’offerta produttiva della nautica italiana secondo Barbara Amerio “sono i limiti di spazio e infrastrutturali”.
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