La protesta ambientalista è arrivata sul palco dei super yacht ad Amsterdam
Manifestanti della Ong Extinction Rebellion sono stati invitati sul palco al The Super Yacht Forum per spiegare il loro punto di vista di fronta alla platea di addetti ai lavori
Quello che ancora recentemente Massimo Perotti, numero uno del cantiere Sanlorenzo, aveva previsto come possibile prossimo rischio per l’industria dei super yacht è diventato realtà: finire nel mirino delle proteste ambientaliste così come avviene regolarmente per gli aerei privati. Da qui l’urgenza e l’importanza di investire con decisione sulla sostenibilità.
Ad Amsterdam, in Olanda, durante l’evento The Superyacht Forum che tradizionalmente si tiene in concomitanza con la fiera Mets, gli ospiti del convegno sono stati accolti da bandiere e striscioni della Ong che protestavano contro un comparto che genera esternalità negative e non è esattamente irrinunciabile quale è quello delle navi da diporto. Gli organizzatori del convegno hanno colto l’occasione per invitare una rappresentanza dei manifestanti sul palco al fine di ascoltare e far sapere agli addetti ai lavori quali fossero le rimostranze e gli eventuali punti d’incontro.
“Capisco perfettamente perché ci stai invitando sul palco proprio ora. Questo, ovviamente, è molto meglio che buttarci fuori. E vorrei davvero evitare di essere usata come un’opportunità di greenwashing” ha esordito Elodia, portavoce di Extinction Rebellion nell’occasione. “Vorrei fosse chiaro che quello che stiamo dicendo qui non è che dovreste rendere questo settore più sostenibile. Non è che dobbiamo avere superyacht elettrici o a idrogeno o non so cosa? È che questo settore non ha posto nella transizione energetica. Per tutte le persone che sono qui, il messaggio che vogliamo trasmettere è che voi, come industria, perderete la licenza sociale per operare qualsiasi cosa stiate facendo. E se avete davvero a cuore la sostenibilità, non c’è posto per questo nell’industria dei superyacht. Abbandonate la nave. Fate qualcosa di utile”.
Elodia ha proseguito dicendo: “Abbiamo bisogno di barche, ma le barche sostenibili non sono superyacht. E se rimarrete in questo settore, l’unica cosa che continuerete a fare sarà il greenwashing degli hobby dei super-ricchi. Capisco perfettamente perché trovi i superyacht molto interessanti. Da bambina li trovavo assolutamente fantastici. Ho frequentato una scuola di ingegneria che si occupava di ingegneria navale. Alla fine mi sono occupata di fisica degli oceani. Ora lavoro nel campo delle scienze climatiche e sono molto, molto, molto spaventato quando vedo già la crisi climatica che si sta sviluppando davanti ai nostri occhi. […] Quello che dovete capire è che i superyacht sono l’esempio più caricaturale di questa ingiustizia. Esistono solo come super giocattoli per i super ricchi. Esistono solo perché possano spendere in modo sfarzoso tutti i soldi che hanno ottenuto da industrie altamente inquinanti. […] Ecco cosa siamo venuti a dire oggi. Smettete di lavorare per questa industria. Ci sono molte altre cose che si possono fare con una formazione in ingegneria navale o altro o come membro dell’equipaggio. E non crediamo che ci sia posto per l’industria dei Superyacht nel futuro. Vietati i superyacht!”
L’esponente del movimento di protesta ha poi evidenziato il tentativo, da parte dell’industria della grande nautica, di abbinare al greenwashing anche il science washing: “So per esperienza personale, visto che lavoro nel campo della ricerca marina, che state persino facendo science washing, il che è estremamente divertente, invitando gli oceanografi, per esempio, a salire a bordo o a progettare navi. C’è ad esempio una nave molto grande che verrà utilizzata per una parte del tempo come superyacht e per una parte come nave da ricerca. E naturalmente, se si lavora nell’Artico, come faccio io, è davvero bello pensare: “Oh, sì, potrò avere una piscina sulla mia nave da ricerca invece di avere una vecchia nave da ricerca come facciamo di solito”. Ma tutto questo è stato pensato solo per poter continuare a fare questo. Pensiamo che non sia possibile continuare a produrre superyacht. E non è solo per il loro comportamento altamente inquinante, non è solo per la quantità di risorse, non utili, che utilizzano, è anche per il modello di società che mostra, un modello di società in cui se hai i soldi puoi avere tutto quello che vuoi. Si possono avere sottomarini, piattaforme per elicotteri, si può avere un’impronta di carbonio mille volte, un milione di volte più grande della persona media e farla franca – e questo è il modello di società che vogliamo contestare”.
Questo il messaggio (forte) lanciato in conclusione: “Capisco che siate persone gentili, ho studiato con persone molto simili ad alcuni di voi, in realtà non mi sarei sorpresa di riconoscere qualcuno qui in sala, ed è per questo che voglio farvi arrivare questo messaggio. Smettete di lavorare per i distruttori del clima. Smettete di lavorare per i super-ricchi che se ne fregano. Smettetela di lavorare per loro, di fare il lavaggio ecologico dei loro hobby. Non c’è posto per voi nell’industria dei superyacht se avete veramente a cuore la sostenibilità. Grazie”.
Questo il commento conseguente di Martin Redmayne, numero uno del gruppo editoriale The Super Yacht Group, rivolto alla platea: “Ok… Ora chiudete gli occhi. È stato un brutto sogno. Va bene. Allora, ascoltate, non era una sveglia inscenata. È stato un vero campanello d’allarme. E credo che questo sia qualcosa che abbiamo sempre pensato che un giorno sarebbe successo. E grazie a Dio è successo qui. Extinction Rebellion è un movimento ambientalista globale il cui scopo è usare la disobbedienza civile non violenta per costringere il governo ad agire. Sebbene i loro metodi possano essere molto controversi, questo evento dovrebbe almeno servire da monito all’industria dei superyacht. Questo gruppo, in particolare, dovrebbe essere applaudito per la sua formalità, perché non passerà molto tempo prima che queste proteste diventino molto più frequenti e significative”.
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