Casareto a ruota libera sul futuro di Azimut Benetti e Lusben a Livorno e nel refit
Circa 12 milioni d’investimenti nel porto toscano, raddoppio di fatturato nel refit ma anche timori sulla tenuta della catena logistica per la produzione di yacht
Livorno – La ripresa dei lavori dopo la pausa estiva del Propeller Club livornese presieduto da Maria Gloria Giani ha visto la partecipazione, in qualità di ospite d’onore della serata, di Giorgio Casareto, general manager di Lusben, società del gruppo Azimut Benetti. Con semplicità e chiarezza l’uomo che lavora da 30 anni con la famiglia Vitelli è entrato nel vivo delle grandi questioni che coinvolgono la città labronica, dato che è e sarà lui a seguire qui alcune divisioni del gruppo: la gestione del nuovo Marina di Livorno (progetto Porta a Mare) sul quale lavora da circa un anno e mezzo e che si unirà al sistema dei porti turistici del gruppo (Varazze, Malta, Viareggio), e quella del refit da diporto con la Lusben che segue da alcuni mesi a Livorno, già presente a Viareggio e Varazze.
La concessione demaniale dell’area bacini livornese ottenuta dal gruppo nel maggio scorso non è stato, come è noto, un tema semplice per la città; tensioni e opposizioni hanno accompagnato il percorso ma la la firma a conclusione dell’iter in Autorità portuale – ha ricordato Casareto ai vertici istituzionali locali presenti e ai soci del club – porteranno a Livorno investimenti per circa 12 milioni di euro. Investimenti che dovranno essere conclusi in un triennio e che riguarderanno il rifacimento di tutte le aree di piazzale, la demolizione di alcuni edifici non funzionali alle attività produttive del gruppo e la costruzione di nuovi edifici. Nel piano c’è anche la ristrutturazione della grande palazzina del bacino in muratura, infrastruttura che – ha confermato il direttore – “purtroppo non andrà più in esercizio, perché oggi ripristinarlo per la sua funzione originaria nel rispetto di un’industria nautica da diporto è antieconomico; può darsi che un domani potrà tornare utile nel commerciale, ma la destinazione data dall’ente portuale è diportistica.”
Alla speranza degli operatori dello shipping che in questo bacino – una volta ristrutturato – si possano conciliare sia le attività diportistiche che quelle commerciali grazie alla minore invasività delle nuove tecniche di lavorazione e considerando la congestione dei pochi bacini simili in paesi che affacciano sul Mediterraneo, Casareto ha risposto di aver trovato già alla firma della concessione demaniale atti scritti che prevedono l’impegno del gruppo verso l’aspetto commerciale e ne ha assicurato il rispetto informando di aver già aderito fattivamente ad alcune proposte di collaborazione ricevute anche dall’ex competitor Jobson italia. Questa invece la spiegazione sul perché il bacino grande abbia subito una fine ingloriosa: “A livello nazionale si è abdicato a una serie di attività, fra cui le demolizioni; pensiamo ad esempio al super bacino di Genova: costruito e abbandonato e poi venduto ai turchi che, da quel momento, al contrario nostro, lo utilizzano a pieno ritmo. Gli unici bacini grandi che oggi lavorano in Italia sono quelli di Fincantieri, utilizzati per costruire le navi”.
Riguardo invece a Lusben, definita come una piccola costola di Azimut-Benetti con il suo valore di 37 milioni di euro rapportato a quello di circa 1 miliardo del Gruppo, il manager ha parlato non solo della sua alta redditività ma anche della sua strategicità per l’intero gruppo che deriva dal poter entrare in contatto con clienti di altri marchi permettendo una sorta di promozione interna dei propri brand. “L’obiettivo che ci siamo dati con l’acquisizione dell’area bacini è di raddoppiare il volume di affari nel prossimo triennio portando a circa 70 milioni i suoi ricavi attraverso interventi che vanno dall’efficientamento dell’azienda, all’ampliamento della taglia media delle imbarcazioni che gestiamo con l’acquisizione di una fetta di mercato oggi dominata da due-tre competitori nel Mediterraneo, di cui uno è Amico& Co. a Genova che opera, e bene, nel settore delle barche dagli 80 ai 100 metri”.
Sul fronte Porta a Mare Spa Casareto ha ringraziato tutte le amministrazioni per la collaborazione avuta partendo dalla mediazione dell’ente portuale – non semplice – con la compagine dei circoli che risiedono nel porto Mediceo avvenuta a fine 2021 che ha condotto alla firma di un accordo preliminare superando diversi ostacoli. Casareto sta lavorando all’allineamento di una serie di convenzioni, parte dall’accordo di programma sottoscritto nel 2007, prevalentemente con le forze armate. Interlocuzioni sono in corso anche con il Comune; ad oggi quasi tutti gli obiettivi sono stati raggiunti e se tutto procederà per il meglio per la concessione occorrerà solo qualche mese.
Riguardo al momento estremamente felice, ma nello stesso tempo preoccupante, che vive la nautica, Casareto ha ricordato il luglio 2008 che dopo un anno precedente positivo vide la Borsa di Milano perdere il 50% della capitalizzazione e il momento critico che visse l’azienda. “Questa crescita va governata per prevedere e traguardare quello che succederà nel futuro. Il problema è la filiera di fornitura dove gli aumenti sono del 30% e, per la gamma bassa del gruppo, la reperibilità dei generatori di bordo per l’altissimo costo del rame a causa della speculazione di chi lo detiene” ha spiegato . “In una fase di richiesta di prodotto ‘presto e subito’ come questa ci si scontra con un mondo che sta manifestando segni di difficoltà abbastanza importanti che, se non ben gestiti a livello governativo, aggraverà le difficoltà delle aziende. Un eventuale crollo della filiera di rifornimento delle forniture non permetterà di produrre e consegnare quello che abbiamo venduto”. Quindi bene da una parte ma grande attenzione dall’altra.
Andamento ottimo, infine, dal lato refit percepito anche all’ultimo Monaco Yacht Show dove – ha informato il manager – il riscontro è stato elevato: “Siamo convinti che si debba investire su questo settore; il 2008 ci ha insegnato che quando le barche ci sono si devono gestire e manutenzionare per tenerne alto il valore. Inoltre quasi tutti i cantieri hanno consegne del nuovo fino a 60-70 metri al 2026-2027 e ci sono armatori che, non volendo aspettare così tanto, decidono di comprare un usato progettando refit importanti”.
La concorrenza con gli altri paesi, come la Turchia, che per ragioni geopolitiche riescono a produrre comunque bene e a costi molto inferiori rispetto ai nostri non preoccupa il gruppo Azimut – Benetti: “La forza del brand italiano rimane un punto fermo, che anzi viene stimolato a dare sempre di più e meglio, aiutando così a mantenere in Italia posti di lavoro”.
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