Panizzutt (Amadi) suona l’allarme: “Marittimi del diporto dimenticati dal ministero”
L’Associazione Marittimi Diporto chiede un intervento urgente per salvaguardare la professione e per evitare una progressiva migrazione verso certificazioni rilasciate da altre amministrazioni estere
Contributo a cura di Luciano Panizzutt *
* componente del Consiglio direttivo di Amadi (Associazione Marittimi Diporto)
Mi chiamo Panizzutt Luciano, sono tra i fondatori dell’associazione Amadi e faccio parte da sempre (1995) del Consiglio Direttivo. Sono un Capitano di Lungo Corso di 64 anni, quindi ormai “stagionato” ma ancora operativo sia sul lavoro (sono al comando di un motoryacht di 53 metri) che in ambito associativo, occupandomi principalmente delle normative di settore.
Purtroppo da molto tempo notiamo il totale disinteresse da parte delle nostre istituzioni verso i problemi dei marittimi, sia quelli delle navi maggiori che quelli del diporto. Questi ultimi addirittura abbiamo l’impressione che vengano considerati un inutile fardello e che pertanto vengano lasciati al loro destino. Fortunatamente i marittimi del diporto sono una categoria particolarmente resiliente, per usare un termine in voga, e nel tempo hanno saputo destreggiarsi e sopravvivere, anche a dispetto dei bastoni tra le ruote, e delle cime nelle eliche, che ci sono state messe negli ultimi tempi dal Mit (Ministero Infrastrutture e Trasporti), ora Mims (Ministero Infrastrutture e Mobilità Sostenibili).
Come Amadi abbiamo vissuto la nascita e l’evoluzione delle certificazioni del Diporto, collaborando in qualche misura con il Ministero e fornendogli pareri e anche informazioni, dal momento che ai tempi la figura del marittimo professionista delle unità da diporto era a loro praticamente sconosciuta. Si imbarcava infatti con i titoli “mercantili” e tutto è filato liscio fino all’introduzione della Stcw, che ha posto paletti più stretti per il rilascio e la convalida delle certificazioni. L’amministrazione si è quindi attivata e ha prodotto il famoso Decreto Ministeriale 121/2005 che all’inizio sembrava fatto anche abbastanza bene, essendo in parte mutuato dagli appena nati titoli inglesi MCA, in quel momento gli unici specifici per lo yachting.
Il nostro mondo però a quei tempi era in continua e frenetica espansione e, dopo l’emanazione del Decreto che istituiva titoli e percorsi formativi, ci aspettavamo che, trascorso un periodo di “rodaggio”, si procedesse con la messa a punto di alcuni aspetti che in fase di stesura si erano trascurati, o non considerati a sufficienza, e si continuasse con l’adeguamento delle normative alle continue evoluzioni del settore. Questo non è avvenuto.
A nulla sono servite le nostre sempre più accese rimostranze, da allora non una virgola si è aggiunta o spostata al Decreto, con il risultato di un progressivo allontanamento dei giovani marittimi che, trovando enormi problemi nel conseguimento delle certificazioni italiane, si sono orientati verso certificazioni rilasciate da altre amministrazioni (la britannica MCA – Maritime and Costguard Agency) che, nonostante fossero decisamente più costose, si potevano ottenere in tempi certi e abbastanza rapidi.
A tutt’oggi niente si muove, sappiamo di una fantomatica bozza di revisione del D.M. 121/2005 che giacerebbe da anni in qualche cassetto ma che nessuno si prende la briga di rispolverare. Uno dei problemi è proprio questo, non c’è nessuno, e ripeto NESSUNO, che al Mims abbia le competenze e tantomeno la voglia di trattare questo argomento. Alcuni vecchi dirigenti sono stati spostati ad altri incarichi e la scrivania “Diporto” sembra essere vuota.
Queste problematiche alla fine riguarderanno al massimo qualche migliaio di marittimi (una stima ufficiale non l’abbiamo), evidentemente troppo pochi per avere un peso “politico”, ma questi sono gli argomenti di cui si dovrebbe discutere affinché si possa intervenire a salvaguardare una professionalità che noi italiani ci siamo guadagnati con il tempo e che ci è sempre stata riconosciuta. Restando così le cose, con i giovani che si rivolgeranno sempre più alle certificazioni estere (nel frattempo oltre a MCA anche Belgio, Malta, Montserrat e perfino San Marino lo stanno facendo!) i titoli italiani andranno scomparendo, e a quel punto non servirà nemmeno l’iscrizione alla Gente di Mare, altro scoglio burocratico e farraginoso non indifferente.
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