Tilli Antonelli si racconta e svela come è nato il progetto del Sp110
Da Pershing a Sanlorenzo passando per Wider: il racconto di una passione verso la vela e la nautica a motore
Tilli Antonelli, l’anima sportiva e innovativa della nautica italiana, si racconta e parla in questa intervista rilasciata a SUPER YACHT 24 dell’ultimo progetto Sp110 del cantiere Sanlorenzo e della passione per questo lavoro.
Tilli Antonelli nel 1981 fonda il Cantiere Navale dell’Adriatico, nel 1985 fonda sia il cantiere navale sia il marchio Pershing (entrato poi a far parte del Gruppo Ferretti nel 1998) ed entra poi in Wider Yachts. Grande appassionato di vela, può vantare la partecipazione a importanti regate, in questo mondo incontrò l’imprenditore italiano Raul Gardini entrando nel 1973 a far parte dell’equipaggio della sua barca da 45 ‘ Naif.
La vela è la protagonista dei suoi inizi e anche del suo guardare avanti. In quella prima fase incontra ed entra nel team di Raul Gardini, come lo descriverebbe oggi?
“La mia prima passione e il mio primo approccio al mare è stato sicuramente con la vela che nei dieci anni successivi mi ha coinvolto sempre di più. Gardini era un visionario, un uomo non comune; la sua propensione per cercare un’alternativa ai combustibili ‘carburizzanti’ rappresentava già una visione con almeno 30 anni di vantaggio, ma l’attività fu bloccata quasi sul nascere perché evidentemente disturbava tanta gente. Nella nautica voleva scoprire e utilizzare in modo importante materiali nuovi per allora, usati al tempo solo dalla Nasa per alcune parti del Challenger, come il carbonio e le resine epossidiche. E aveva già impostato un cantiere con conoscenze straordinarie per l’epoca. Non so cosa avrebbe pensato oggi delle recenti regate Coppa America…davvero non lo so, so che comunque l’innovazione era sempre un fattore importante per lui.”
Il suo approccio nella costruzione di barche come inizia e prosegue?
“Una volta capito che pur essendo bravino non sarei mai diventato un Gino Ricci della vela ho pensato di riversare le mie conoscenze nella costruzione di questo tipo di barche e così è nato il primo cantiere, il Cantiere Navale dell’Adriatico, con il quale abbiamo prodotto barche da regate e da crociera; di una di queste in un giro alle Tremiti si innamorò Lucio Dalla e gliene costruimmo una tutta sua. Ma questo mercato in quei tempi attraversava una flessione e così ci rivolgemmo verso le barche a motore di cui – ammetto – sapevo davvero poco; nonostante ciò costruimmo il nostro primo Pershing che ebbe un buon successo anche perché era fuori dai canoni. All’epoca infatti le barche veloci erano molto strette, rumorose e con poco spazio mentre la nostra invece era esattamente il contrario: non era super performante ma aveva tre belle cabine, tre bei bagni e aree comode da vivere all’aperto. La bandiera di Pershing è stata proprio questa: avere performance insieme alle comodità. Il disegno di Fulvio de Simone piacque molto e da lì sviluppammo la gamma di Pershing.”
Come arriva a Wider e come riesce a caratterizzarla?
“In Pershing negli ultimi periodi si erano rotti certi equilibri, anche a causa della crisi del 2008 per cui, dopo aver provato a ricomprarmi l’azienda e aver atteso quasi un mese la risposta dal gruppo, poi risultata negativa, con grande dispiacere non potei più rimanervi. Neanche un mese dopo arrivò la proposta Wider che voleva produrre barche con le aperture laterali – aperture che ancora non si erano viste e che oggi hanno quasi tutte le barche, cosa che mi fa molto piacere perché copiare non mi piace, ma essere copiato sì. La barca pur essendo molto strana e magari neanche bellissima faceva parlare di sé, forse anche perché Wider aveva presentato il progetto di motorizzazione elettrica e aveva avuto un’esposizione molto importante nei media guadagnandosi in poco tempo una bella immagine sul campo. Suscitava estrema curiosità questa barca di 47 metri tutta in alluminio che tra l’altro aveva la sala macchine a prua, area che avevo ritenuto ideale per lasciare più spazio possibile per i giochi nella parte più bella della barca, a poppa, dato che essendo elettrica non c’era collegamento meccanico tra la sala macchine e il sistema di propulsione. La barca è stata un successo e la mia uscita volontaria dalla società è dipesa da un qui pro quo con un socio molto importante al quale comunque riconosco dei meriti non indifferenti. Nell’arco di due settimane contattando il dottor Perotti sono approdato a Sanlorenzo”.
Quale secondo lei può essere considerato come un ingrediente indispensabile per fare un buon lavoro in questo settore? Prendiamo ad esempio il progetto Sp110…
“Quello che conta per me è creare un team composto da veri specialisti dove magari io devo dare le indicazioni; da solo farei poco in un ambito come questo. Il team del progetto Sp110 ha avuto le presenze fondamentali dello studio Zuccon per gli esterni e dell’architetto Piero Lissoni. E quella del dottor Perotti che, oltre a essere un grande estimatore, si intende davvero del prodotto.
Ho una forte propensione per il prodotto e mi occupo esclusivamente di concepirlo cercando di non fare copie; gli altri in qualche maniera ti ispirano in qualcosa che puoi sviluppare in una visione più ampia, ma bisogna cercare di fare qualcosa di diverso. Questo è un mercato che ha bisogno di proposte nuove: parliamo di giocattoli per persone che hanno già tutto e questi yacht devono stimolare la fantasia e appagare l’ego di chi li possiede. E’ quindi una gara continua nel proporre soluzioni innovative.
L’Sp110 Sanlorenzo come barca sportiva e performante ha un mercato abbastanza ristretto, diciamo per amatori, ma è comunque un mercato di nicchia e in questa nicchia è certamente importante farsi riconoscere per linee, spazi e performance.”
Come è nato il progetto di questa barca “smart performance”, quali sono i punti di forza e come sta andando?
“La prima idea su questo tipo di yacht l’ho avuta a fine 2018; quando ho incontrato Sanlorenzo il cantiere aveva già in mente di cimentarsi in questo tipo di barche, la mia entrata è stata ben accetta anche per questo. Il progetto sta andando estremamente bene anche dal lato commerciale. Un grande vantaggio obiettivamente ci è stato dato dalla stasi di una decina di anni da parte della concorrenza su questo segmento di barche; è stato quindi abbastanza semplice trovare soluzioni che portassero a step evolutivi in un panorama di soluzioni assolutamente univoche. Oggi la sostenibilità gioca un ruolo molto importante e tanto più una barca è performante nella velocità tanto più renderla sostenibile è compito arduo. Se metti migliaia di cavalli cercare la sostenibilità sembra non avere senso. Il significato di ‘Sp’ è quindi quello di ‘smart performance’: un concetto che minimizza le zone buie tipiche di una barca performante veloce utilizzando attrezzature e modi di produrre energia in maniera più pulita e intelligente, cercando di ridurre i consumi del carburante.
La Sp110 poi è una barca facile da capire e quando un oggetto viene facilmente individuato e capito nelle sue motivazioni, linee e spazi, allora ha buone probabilità di funzionare. La presentiamo ufficialmente stasera, nella notte di Sanlorenzo, a Porto Cervo a Cala di Volpe. E poi ci saranno gli appuntamenti ai saloni: debutterà a Cannes, poi a Genova e a Montecarlo.”
Può uno yacht performante essere davvero “sostenibile”?
“E’ abbastanza anacronistico definire sostenibile uno yacht quando consuma 7-800 litri di carburante all’ora. Ma per raggiungere certe velocità se avessimo costruito la barca in maniera tradizionale avremmo consumato 1.200 litri invece che 800. Oggi l’unica barca che può essere definita sostenibile è la barca a vela. Le barche diesel-elettriche bruciano comunque carburante. Per contenere i consumi è fondamentale controllare i pesi. La Sp110 è stata concepita per essere la più leggera possibile per avere le performance con dei motori con potenze limitate rispetto alla concorrenza.
Fare una barca ibrida di quelle dimensioni anche con la navigazione elettrica abbastanza limitata avrebbe voluto dire aggiungere circa quasi 8 tonnellate in più che avrebbero ridotto drasticamente tutte le velleità di barca performante. Le batterie le abbiamo messe ma ci servono solo per non utilizzare in maniera intensiva i gruppi elettrogeni. Quando la barca è in rada può trascorrere una notte intera con aria condizionata, luce e quant’altro utilizzando l’energia delle batterie a litio, che può anche essere utilizzata quando si fa il bagno intorno alla barca senza sentire il rumore e l’odore di un gruppo elettrogeno che a volte disturba. Vengono ricaricate con la navigazione o con la presa in porto.
La barca è costruita in infusione, sottovuoto, completamente in sandwich (con una pelle di laminazione esterna sui due lati e all’interno una schiuma di vario spessore e densità) per ottenere resistenza e leggerezza. Con questo procedimento, che prevede materiali e tecnologie costose, si ha però l’enorme vantaggio di ottenere i risultati cercati evitando tutte le esalazioni di resine, catalizzatori e quant’altro che restando all’interno dell’impianto non creano danni agli operatori e all’ambiente. Una tecnologia questa che in Pershing ci ha visti precursori nel ’96 e che ora, perfezionata, Sanlorenzo utilizza per la prima volta su questo Sp110.”
Cosa può rivelarci ancora su questo nuovo progetto?
“Il dottor Perotti ha deciso di andare oltre anche la realizzazione del 90’, già stabilito e di cui è stata avviata la costruzione di modelli e stampi, e dar seguito anche al terzo progetto Sp130. Questo perché la barca ha caratteristiche tali che la rendono completamente diversa dalla generazione precedente ed è molto richiesta. I tre modelli esprimeranno lo stesso concetto sicuramente in modo diverso, ma sempre nell’ottica di barca performante. Preferiamo mettere un numero più elevato di motori piuttosto che un numero inferiore ma di potenza maggiore. Questo perché vogliamo poter andare anche piano per trasferire la barca magari con solo l’equipaggio da un posto all’altro consumando veramente poco. Il 110 è una barca trimotorica, il 130 sarà quadrimotorica e il 90 bimotorica. In comune avranno la propulsione a idrogetto, che rappresenta una novità importantissima per Sanlorenzo e dà un enorme vantaggio dal punto di vista del pescaggio: col Sp110 a pieno carico è di 1 metro e 30 e si può raggiungere qualsiasi spiaggia.”
Chiudiamo questa intervista con una domanda che non le ho rivolto..
“Direi solo: quello che faccio è un gran bel mestiere. Ogni mattina mi alzo con qualcosa di nuovo da fare o da proporre e spero di poterlo fare ancora per tanto tempo nonostante la mia ‘tenera età’, per continuare a divertirmi e fare qualcosa che abbia un significato. Fare tanto per fare non mi è mai piaciuto, fare le copie nemmeno e aver qualcosa da dire in più di un altro non mi dispiace, ecco.”
CLICCA QUI PER ISCRIVERTI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPER YACHT 24