Tessuti pregiati a bordo degli yacht: la storia e le idee di Alessandro Bini
Il general manager Simone Bini traccia un bilancio sulle novità e sulle attività dell’azienda lanciando qualche nuova proposta in tema di refitting
Da quaranta anni eccellenza del tessile Made in Italy la società Alessandro Bini è entrata nel campo della nautica da diporto circa 10 anni fa su richiesta di alcuni suoi clienti che volevano essere circondati dal suo stile anche nelle loro imbarcazioni e da quel momento l’azienda si è aperta a un percorso importante che Simone Bini, general manager e primogenito del fondatore Alessandro, racconta in questa intervista a SUPER YACHT 24.
Da dove nasce la passione per il mare della Alessandro Bini?
“L’ho respirata in famiglia fin da piccolo con il primo gommone e l’ho vissuta poi con la pesca sportiva e con l’amore per le barche tanto che oggi navigo con un 35 piedi del 1999 per la pesca d’altura professionale che ho completamente refittato a partire dalla sala macchine fino al sofisticato impianto elettronico con telecamere termiche e con l’aggiunta di ogni comfort.
Sono state le richieste dei nostri clienti a far estendere questa passione anche in ambito lavorativo; la divisione contract in tema nautico è ormai un segmento in continuo sviluppo della Alessandro Bini il cui fulcro di attività è la creazione di tessuti per l’arredamento 100% italiani che esportiamo in oltre 70 paesi nel mondo.
Fondamentale è stata poi l’amicizia con Cristiano Sclano, titolare della Power Boat Charter di Marina di Cala Galera all’Argentario, che con la sua divisione service è forse anche la più grande officina meccanica Volvo Penta specializzata nella nautica: unendo le nostre competenze nell’hospitality e motoristiche oggi creiamo imbarcazioni importanti che nei loro interni ed esterni accolgono delle vere suite d’albergo.”
Qual è e come si svolge il lavoro della Alessandro Bini su una barca?
“Si parte dalla consulenza dei nostri architetti e interior design al cliente per proseguire alla progettazione e personalizzazione delle sue richieste per l’arredo indoor e outdoor. In ogni caso per il refit, che di solito avviene su barche con un certo numero di anni, sono prioritarie analisi accurate sia delle parti impiantistiche, soprattutto elettriche che seguono tutta la superficie della barca, che di quelle meccaniche che devono essere o sostituite o riportate alla originaria perfezione idonea al tipo di imbarcazione prima di procedere a ogni operazione per evitare rischi che potrebbero vanificare tutto il refit. Per questo ci avvaliamo della grande competenza della Power Boat Service.”
Fra i vostri clienti ci sono dei protagonisti della grande nautica da diporto: emerge da loro una richiesta particolare in tema di arredi e tessuti?
“Fra i vari clienti che acquistano i nostri tessuti specializzati trattati per affrontare i raggi Uv e la salsedine abbiamo diversi importanti cantieri sia italiani che del Nord Europa per loro imbarcazioni da crociera. La nostra divisione tessile è considerata come uno dei 10 brand di riferimento nel mondo per qualità di tessuti: operare unicamente con materie 100% italiane, con studio e produzione dei filati nel nostro Paese, è stata una scelta molto impegnativa dal lato economico che ci ha però ripagati nel tempo e resi orgogliosi.
In questi giorni alla fiera di Cernobbio presentiamo 5 nuove collezioni che abbiamo realizzato con materiale esclusivamente riciclato per rispondere all’attuale esigenza di sostenibilità ecologica ambientale. I filati come sempre sono studiati e creati all’interno dell’azienda, in primis da mio padre Alessandro che sceglie le linee, progetta ed esegue insieme allo staff tecnico i test necessari per la commercializzazione del prodotto nei vari mercati del mondo.”
Quale sviluppo futuro è previsto per la divisione nautica nel gruppo Alessandro Bini?
“Il tessile rappresenta un po’ il pass partout per accedere a tante operazioni perché, fungendo da vestito a tutta la parte strutturale, sensibilizza il cliente alla personalizzazione dell’interno, è quindi importante e abbiamo richieste quotidiane. Data l’esperienza acquisita nel tempo, anche con il refitting di 5-6 imbarcazioni da charter fra cui delle Itama 54 e un Cabo, stiamo potenziando le nostre squadre di professionisti per farvi fronte selezionando comunque le opportunità per mantenere il nostro standard di eccellenza.”
Il mercato del charter come si sta comportando? Qual è stato il vostro ultimo varo in collaborazione con la Power Boat Charter?
“Il charter sta avendo un grande sviluppo. Abbiamo rimesso in acqua quattro mesi fa un’imbarcazione spagnola di circa 10 anni, di 74 piedi, per noleggi da circa 20.000 euro a settimana, sulla quale abbiamo curato oltre al refit tessile anche la riprogettazione degli spazi interni creando ex novo una terza cabina: non appena terminata ci sono arrivate varie richieste per acquistarla.
Nel refit a 360 gradi c’è una revisione totale e rivalorizzazione, anche con nuove tecnologie, di ogni aspetto della barca; è un lavoro complesso che richiede grande competenza e tempo ma che alla fine realizza un bene con un valore di gran lunga superiore a quello di una imbarcazione nuova priva della cura quasi maniacale di ogni dettaglio a costi inferiori. Per dare un’idea: se nel nuovo spendiamo 500.000 euro, in un refit di alto livello la spesa totale, compreso l’acquisto iniziale, è di 350.000 euro.
Fra gli altri lavori per il charter abbiamo da poco concluso il refit completo della spettacolare Tiffany: un Tornado 38 che andrà ad arricchire la nostra flotta a Cala Galera portandola a 6 yacht di varie dimensioni per i vari tipi di uscita.”
In questa fase di sviluppo del refit quali problemi si avvertono e come potrebbero essere risolti?
“Stiamo cercando di inserire dei giovani al nostro interno che possano acquisire i segreti dei nostri maestri d’ascia, mettersi in gioco e imparare il mestiere, ma è difficile trovarli. Sarebbe importante che lo Stato pensasse a un modo per incentivare il loro ingresso in questo settore e cercasse di semplificare e sburocratizzare non solo questa situazione ma anche molte altre. Penso alle opportunità che potrebbero nascere dal gestire le barche dismesse – che oggi normalmente finiscono in aree di cantiere dove creano problemi di inquinamento e non solo – attraverso un incentivo legato al concetto green per rivalorizzarle e e riportarle a nuova vita; questo a mio parere produrrebbe un aumento di lavoro e nel contempo la pulizia di aree inquinate e degradate. Un altro esempio riguarda le enormi cataste di barche di legno con scritte arabe dismesse degli immigrati che arrivano a Lampedusa che invece di essere bruciate come oggi perlopiù avviene potrebbero diventare, una volta ripulite e risanate, degli elementi di arredo in particolari location. Oppure essere testimonianze importanti di un possibile museo a Lampedusa sul grande fenomeno dell’immigrazione, oppure ancora potrebbero essere refittate – visti i costi attuali per le materie prime e quelli altissimi per comprare il nuovo – e impiegate nel noleggio giornaliero intorno alla costa.”
Quale sarà il vostro prossimo lavoro?
“Riguarda una barca molto importante di 78 piedi, del valore di 6 milioni di euro, affondata nel porto di Chiavari nell’alluvione del 2018. Il venditore della barca appartiene a una delle famiglie più importanti in Italia. La barca è stata svuotata completamente, verrà tagliata a metà, portata in cantiere e riassemblata, per dare inizio alla progettazione degli interni. L’acquisto della barca da parte del nuovo proprietario italiano è costato 100.000 euro e il refitting avrà un costo di circa 1 milione e mezzo. Quindi con 1.600.000 euro otterremo, dopo circa un anno e mezzo di lavori, una barca straordinaria che avrebbe nel nuovo un costo di 6 milioni di euro.”
E come sta andando il charter all’Argentario in vista della prossima stagione?
Ci sono forti aspettative: il 50% delle prenotazioni è già confermato e prevediamo a brevissimo il completamento totale della stagione. Lo scorso anno il trend fu eccellente e riteniamo che quest’anno sia in forte crescita come quello appena trascorso.”
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