Confindustria Nautica preoccupata per l’effetto del Ddl Concorrenza su porti e approdi
Un emendamento depositato dal Governo interviene anche sulle concessioni di beni
Preoccupa l’impatto dell’emendamento depositato dal Governo al Ddl “Concorrenza” (AS 2469), che interviene anche sulle concessioni di beni, inclusi porti e approdi della nautica da diporto. A comunicare lo stato di allarme con una nota è Confidustria Nautica che ieri ha discusso sul tema in un’audizione in Senato.
La preoccupazione nasce dal nuovo sistema di assegnazione dei suddetti beni sprovvisto del regime di reciprocità con gli altri Paesi della UE, che non vi applicano la Direttiva Bolkestein scritta per le gare di servizi pubblici come mense scolastiche e trasporti: un imprenditore europeo potrà dunque fare concorrenza a uno italiano, ma non viceversa.
“L’estensione di queste regole a porti e approdi della nautica avviene, inoltre, in contrasto con quanto previsto dallo stesso diritto europeo, perché la Direttiva Bolkestein esclude espressamente l’applicazione ai porti e la Corte di Giustizia UE ha anche sentenziato che questi ultimi vanno equiparati alla locazione di beni. Non siamo contrari a nuove regole, ma poniamo con forza la richiesta di non applicare le norme pensate per le gare di affidamento dei servizi pubblici direttamente alla concessione di beni” ha commentato il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi.
La distinzione fra le due categorie è importante: l’esito negativo di una gara, nel caso di servizi pubblici vuol dire la perdita di un solo cliente, nel caso di una concessione di un bene demaniale vuol dire perdere tutta l’azienda e con essa tutti gli investimenti, i beni immobili costruiti, il personale formato e i clienti, contemporaneamente.
Inoltre – continua Confindustria Nautica – l’emendamento del Governo pur riconoscendo la specificità di porti e approdi del diporto, gli applica direttamente le norme previste per le spiagge, come ad esempio:
– la previsione di assicurare la costante presenza di varchi per il raggiungimento della balneazione, che in un approdo è vietata per ovvie ragioni di sicurezza;
– il frazionamento delle concessioni portuali in piccoli lotti, o la preferenza che deve essere assicurata per le attrezzature completamente amovibili, che non può evidentemente trovare applicazione per i porti;
– il regime di favore assicurato a richiedenti che siano piccole imprese famigliari od onlus, il cui esito, visto i valori economici degli investimenti in gioco, sarebbe solo il fallimento dell’azienda;
– la premialità per l’expertise del concessionario uscente, che viene assicurata solo per quella turistica e che vedrebbe un albergatore sempre preferito a un gestore di approdi a parità di condizioni;
Altro tema cruciale – sottolinea Confindustria Nautica – è il riconoscimento economico dovuto al concessionario uscente che, trattandosi di beni da lui costruiti, deve assolutamente essere commisurato al valore commerciale dell’azienda e non al mero avviamento; diversamente l’incameramento dei beni da parte dello Stato si trasforma in un vero esproprio.
Secondo l’associazione che rappresenta le industrie e le imprese della nautica da diporto c’è anche la necessità che venga prevista la distinzione, affermata dalla Corte di Giustizia UE e dal Consiglio di Stato (da ultimo sentenza 15 gennaio 2022, Sez. VI), fra le concessioni assentite prima dell’entrata in vigore della Direttiva servizi e quelle assentite successivamente, in applicazione del principio del legittimo affidamento di cui all’art. 1375 del Codice Civile.
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