Intervista al com.te Giorgio De Marco “Dal diving a prestigiosi superyacht”
Il racconto di una carriera nata dall’amore per il mare e la dedizione nel plasmare la prossima generazione di leader nel mondo dello yachting

Incontriamo il comandante Giorgio De Marco a Viareggio, impegnato nell’allestimento di un Sanlorenzo di 33 metri, Ishtar IV, con il quale presto inizierà la prima crociera del suo nuovo incarico. Palermitano, con una carriera marittima iniziata precocemente e costellata di esperienze significative, ci racconta il suo percorso dal diving alla guida di yacht unici come il Lady Hertha, il suo impegno nel Super Captain’s Team e le sue riflessioni sul mondo dello yachting.
Comandante De Marco, qual è stata l’esperienza più significativa nel percorso professionale che l’ha portata verso il comando di yacht?
“Con il mare ho avuto un battesimo precoce: a 13 anni ero sub esperto, a 18 istruttore diving. Ustica è stata la mia base per anni, dove ho fondato e gestito il Barracuda, uno dei più grandi centri immersioni del Mediterraneo; con le esplorazioni in profondità e la conduzione di ogni tipo di imbarcazione della flotta ho sviluppato una familiarità istintiva con la navigazione e la responsabilità verso l’equipaggio e i passeggeri. Poi c’è stata la chiamata dei tropici come guida subacquea tra Caraibi, Maldive e Seychelles, con parentesi da skipper alle Eolie. Tra le mie esperienze ci sono anche la direzione di importanti centri diving, come il Camel Diving Club in Egitto, e tre anni indimenticabili come capo subacqueo alle Maldive.
Un’altra tappa significativa è stata la traversata atlantica come primo ufficiale su un sailing yacht di 42 metri. Proprio in Egitto, ho incontrato mia moglie, anche lei istruttrice subacquea, ed è lì che è nato nostro figlio. Il periodo delle Primavere arabe, con il conseguente calo del turismo, ci ha spinto a fare ritorno in Italia, dove ho conseguito le patenti inglesi di comandante, diventando subito Master 200 Gt Mca, e poi quello da 500 tonnellate.
Dal 2014, il mio orizzonte professionale si è spostato decisamente sul comando di yacht. Ho iniziato la mia carriera con Arpa Sicilia come comandante di una navetta oceanografica impegnata in analisi ambientali, per poi approdare nel Nord Italia e dedicarmi al mondo degli yacht privati. Per sette anni, ho avuto l’onore di comandare il Lady Hertha, una splendida navetta d’epoca del 1935, un’esperienza indimenticabile che ha preceduto fino al novembre scorso l’incarico attuale.”
Quale storia ha la Lady Hertha?
“Lady Hertha, progettata dal celebre Gil Watson e varata originariamente come “Destiny” dal primo proprietario, un asso dell’aviazione britannica della Prima Guerra Mondiale, ha una storia singolare: fu requisita dalla Marina Britannica durante la Seconda Guerra Mondiale e utilizzata dal National Fire Service, dove si presume sia stata sperimentata per la prima volta la schiuma antincendio. Fu anche una delle prime barche ad avere i radiatori per il riscaldamento. In un suo viaggio, raggiunse le Mauritius e, al rientro, all’ingresso dell’oceano indiano verso il Mar Rosso, fu attaccata dai pirati somali: i fori di proiettile sono ancora visibili su alcune foto dell’epoca raccolte in un libro dedicato a questa splendida signora del mare. Il suo nome attuale è quello della madre del mio ex armatore.”
Ci può parlare dell’armatore della Lady Hertha e di come si viveva all’interno di questa barca così particolare?
“E’ un inglese, appassionato e fine conoscitore di tutte le barche classiche. Andavamo frequentemente a vederle. Sulla Lady Hertha, che acquistò nel 2012 ha speso una fortuna in tantissimi refit, sia interni che esterni. Essendo un collezionista di oggetti antichi compra tutti gli oggetti pregiati di ottone per cercare di ricreare il clima della barca come se fosse ancora negli anni ‘30. Non solo avevamo a bordo tutte le radio a transistor originali di quel periodo, tutte funzionanti, ma spesso si ascoltava solo musica anni 30. La sera mettevamo delle lanterne in ottone tutte attorno, che illuminavano con luci soffuse i cuoi pregiati, i legni ricercati, gli ottoni. La barca era unicamente privata, mai usata per charter, e accoglieva ospiti selezionati, con la stessa sensibilità per l’arte e la cultura del suo armatore.
Un tocco di unicità era dato dalla meticolosa cura per la tradizione marinara. L’armatore, membro di un Royal Club inglese, aveva la sua bandiera personale, la “Blue Ensign”, e a bordo si seguiva un rigido protocollo: le bandiere venivano ammainate al tramonto in porto e issate all’alba. Oltre alla bandiera personale, si esponevano quella del primo armatore, quella del National Fire Service e il guidone del club dell’armatore, creando un’atmosfera ricca di storia e tradizione.
Il mio ruolo non si limitava al comando, ma comprendeva anche la cura di questa eredità: attenzione estrema ad ottoni sempre lucidi, legni verniciati, teak impeccabile e tessuti immacolati. Un’eleganza che richiedeva un impegno costante. La barca inoltre, con le sue manette meccaniche in acciaio e i comandi diretti al motore richiedeva una capacità di manovra particolarmente attenta.”
Sta per iniziare la stagione con il nuovo incarico su un Sanlorenzo di 33 metri, quali sono le ragioni che l’hanno spinta ad accettarlo?
“L’armatrice è una persona che ammiro profondamente, di grande cultura, che ha iniziato a navigare fin da giovane con la sua famiglia e che ha una passione per il mare come la mia. Partecipa attivamente alla navigazione, ama nuotare, esplorare i luoghi e si interessa anche alle previsioni meteorologiche. È un’armatrice rara, che vive la barca con un vero spirito marinaro. Con questo nuovo Sanlorenzo, partiremo a breve e torneremo ad ottobre; viaggeremo nel Mediterraneo orientale, toccando la Grecia e probabilmente la Turchia, per poi tornare alla base invernale a Genova. ”
Qual è la sua opinione sul futuro della motorizzazione degli yacht e sulle sfide legate alla sostenibilità nel settore?
“Il futuro ideale è sicuramente l’idrogeno, ma il mercato non è ancora pronto per un cambiamento radicale. La tecnologia evolve rapidamente, e gli armatori sono cauti nell’investire in soluzioni che potrebbero diventare obsolete in breve tempo. A mio avviso, intanto, una delle priorità dovrebbe essere limitare la velocità degli yacht. Navigare a velocità elevate consumando grandi quantità di carburante ha un impatto ambientale significativo, e rappresenta un pericolo per la fauna marina. Ritengo che dovrebbero essere imposti limiti di velocità e incentivata l’adozione di tecnologie per filtrare le microplastiche durante la navigazione. Questo contribuirebbe a rendere lo yachting più sostenibile e anche a migliorare la sua immagine agli occhi di chi lo percepisce come un’attività inquinante e poco rispettosa dell’ambiente.”
Quali sono le sue previsioni sull’evoluzione del settore dello yachting?
“Noto un cambiamento nel mercato: gli armatori tradizionali stanno diminuendo, e le nuove generazioni tendono a preferire il noleggio allo yacht di proprietà. Questo potrebbe portare a un aumento delle barche da charter e a una diversa organizzazione del lavoro per gli equipaggi, con maggiore stagionalità e meno stabilità.”
Lei è socio e membro del direttivo dell’associazione Super Captain’s Team. Cosa distingue Sct da altre organizzazioni del settore e quali sono i principali obiettivi che persegue?”
“Super Captain’s Team è nata quasi per caso, da una chat WhatsApp tra comandanti amici, ma è cresciuta rapidamente fino a diventare un’organizzazione strutturata, conservando però intatto lo spirito di solidarietà e collaborazione che la contraddistingue. Il suo obiettivo primario è supportare i comandanti nelle sfide quotidiane della professione, dallo scambio di informazioni alla risoluzione di problemi pratici, e nei momenti più delicati, come la ricerca di imbarco o la composizione degli equipaggi.
Un altro tratto distintivo di Sct è l’impegno nella formazione e nell’aggiornamento professionale, con corsi e webinar su temi specifici che spaziano dalla meteorologia marittima alla guida di idrogetto, fino alla sensibilizzazione sulla tutela dell’ambiente marino, con un focus sui cetacei.
La nostra vocazione, internazionale e inclusiva, che accoglie comandanti di ogni nazionalità, crea una rete di supporto che promuove la condivisione di conoscenze e la crescita professionale.
Super Captain’s Team è configurata come un’associazione sindacale, e questo la distingue ulteriormente nel settore. Ci impegniamo nella tutela dei diritti e degli interessi dei comandanti, fornendo assistenza legale e burocratica e partecipando attivamente alle discussioni sulle normative professionali. Accogliamo con entusiasmo i giovani comandanti, anche neopatentati: vogliamo vederli crescere con il nostro aiuto fino al comando di superyacht di 100 metri.
E’ un impegno, il nostro, che svolgiamo assolutamente a titolo volontario, per puro spirito associativo, e vedere l’associazione crescere e rappresentare un punto di riferimento importante per la comunità dei comandanti è una soddisfazione enorme”.
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