Luciana Ferretti (Arpeca): “Il cantiere investe e raddoppia”
I piani di espansione del cantiere, l’impegno per la sostenibilità e le sfide future della cyber security nel mondo del refitting

SUPER YACHT 24 incontra Luciana Ferretti, responsabile marketing e comunicazione di Arpeca S.p.A., cantiere che dal 1992 opera nella manutenzione e riparazione di yacht fino a 52 metri fornendo servizi di consulenza tecnica e progettazione grazie ad un’efficiente rete di consulenti creata negli anni. Parliamo con lei delle attività e dei programmi del cantiere che ha tra l’altro già posto concretamente le basi per il suo imminente ulteriore sviluppo.
Ferretti, il cantiere Arpeca si amplierà presto oltre i 7.500 metri quadrati attuali. Può anticiparci qualche dettaglio?
“Abbiamo acquisito in concessione il cantiere Elle Yacht, il che ci permetterà di quasi raddoppiare gli spazi attuali. Questo cantiere, che verrà integrato in Arpeca, richiede una completa ristrutturazione, che avvieremo non appena avremo ottenuti tutti i permessi. L’acquisizione ci consentirà di aumentare la nostra capacità operativa, aggiungendo ulteriori imbarcazioni sulle quali effettuare lavorazione oltre a quelle già presenti nel cantiere storico. Negli spazi di questo cantiere realizzeremo anche i nostri nuovi uffici direzionali, che saranno significativamente più ampi degli attuali. Qui prevediamo anche spazi e box dedicati agli equipaggi delle barche in lavorazione, per facilitare i loro incontri per la gestione dei progetti e offrire maggior spazio per lo storage. La nostra crescente necessità di spazi non poteva essere soddisfatta nel cantiere attuale a causa della mancanza di aree disponibili confinanti.”
Quali ulteriori vantaggi porterà questa ristrutturazione?
“La ristrutturazione completa ci permette di pianificare i lavori in ottica Esg. Prevediamo l’installazione di un impianto fotovoltaico da 14 kW, che coprirà tutta la superficie disponibile, e stiamo lavorando per garantire l’accesso ai portatori di disabilità. Intendiamo anche implementare la domotica e installare colonnine per la ricarica delle auto elettriche, sia per i nostri clienti che per noi, che ci permetteranno di spostarci tra i nostri cantieri, distanti tra loro 800 metri, senza emissioni inquinanti.”
Considerando la congestione degli spazi a Viareggio, avete mai pensato di trasferirvi sul Canale dei Navicelli di Pisa?
“Al momento no, ma non escludo di poter valutare questa opzione in futuro. Il problema dello spazio a Viareggio è un tema comune a tutti i cantieri del distretto, ma preferiamo rimanere qui per la presenza delle nostre maestranze, che sono fondamentali e rare. Operando nel refitting, abbiamo bisogno di competenze specifiche che si trovano proprio sulla piazza di Viareggio, mentre doverle richiamare da fuori aumenterebbe i costi e complicherebbe la logistica.”
Arpeca è nata nel 1992, inizialmente concentrata su alaggio e varo. Quando e come è emerso il refitting come attività principale?
“Nel 1992, il nostro focus era essenzialmente sull’alaggio e varo. I primi progetti significativi di refitting iniziarono nel 2016, dopo aver compiuto dei lavori sul piazzale che hanno incluso anche l’opera ingegneristica dell’ampiamento della buca. Abbiamo anche investito in un travel lift da 560 tonnellate, capace di sollevare barche fino a 52 metri. La svolta è stata guidata da mio padre, allora tecnico di grande esperienza e presidente di Arpeca, e dall’attuale amministratore delegato, Cinzia Ramacciotti, che ha saputo unire le sue capacità amministrative a visione commerciale. È grazie a loro che Arpeca è diventata un punto di riferimento nel refitting di yacht di grandi dimensioni.”
Qual è il segreto per attrarre e mantenere le maestranze?
“I nostri terzisti sono stati selezionati con grande trasparenza, andando incontro alle loro esigenze. La nostra dimensione di cantiere ‘boutique’ ci ha consentito di creare rapporti personali con ognuno di loro. Mettiamo molta attenzione alla possibilità di parlare tra noi per risolvere eventuali problemi, e all’etica. Le persone non si sentono ‘numeri’, e lavorano bene con noi. La presenza di una donna come Cinzia Ramacciotti alla guida ed il suo approccio proiettato alla componente umana – cosa non frequente in un cantiere – fa la differenza. In questo Arpeca si distingue: conta attualmente 13 dipendenti, di cui circa la metà sono donne, tra queste c’è un’ingegnere capo barca.”
Oltre ai normali refit, avete realizzato progetti particolari?
“Lo scorso anno abbiamo refittato un’ex baleniera giapponese di 45 metri del 1992, già trasformata in superyacht per un armatore messicano. Abbiamo eseguito un refitting importante, iniziando dalla completa stuccatura dello scafo, che era in condizioni critiche. Lo scafo è stato smontato, ricostruito e dipinto. Abbiamo anche aggiornato l’impianto elettrico interno, adattandolo agli standard del Mediterraneo.”
Quali tendenze osservate nel vostro settore?
“Riteniamo che la sostenibilità sia la sfida più urgente. Gli armatori, soprattutto i più giovani, e in particolare le armatrici, sono attenti alla scelta di prodotti di cambusa a chilometro zero e biologici. Notiamo un crescente interesse verso soluzioni energetiche sostenibili. In Europa, con le scadenze dell’Agenda 2030, siamo tutti impegnati in questo senso e spero che questa mentalità diventi globale, considerando quello che sta accadendo a livello climatico. Per ora la questione riguarda più che altro i cantieri costruttori, che stanno studiando le migliori soluzioni sostenibili per materiali e propulsione.”
Fra qualche anno, di riflesso, queste nuove soluzioni interesseranno anche voi dal lato refit; come vi state preparando?
“Abbiamo la fortuna di poterci preparare con calma. Nei prossimi due o tre anni, i cantieri costruttori ci forniranno i parametri per le manutenzioni, così come avviene nell’automotive. I cantieri più grandi nel 2026 dovranno probabilmente produrre i bilanci di sostenibilità e a quel punto, l’impegno scenderà a cascata su di noi. Penso che che vada creata una forma mentis, una cultura della sostenibilità nei nostri dipendenti per giungere un domani a ben inserirsi nelle condizioni che si stanno creando. E in questo senso ci stiamo attivando. Teniamo molto alla tutela dell’ambiente e già da anni abbiamo implementato il sistema Life Gate: un cestino con una pompa da posizionare in mare che riesce a raccogliere nel giro di 100 metri ogni plastica e microplastica, lattine e qualsiasi altro oggetto che provvediamo a smaltire. Proprio in questi giorni inseriremo anche delle panne assorbenti per gli eventuali idrocarburi.“
Come siete strutturati dal lato sicurezza?
“La sicurezza è la nostra priorità. Per questo, già dal 2014, abbiamo adottato il modello 231 che include sicurezza, ambiente e governance, che ci impegna in processi monitorati dall’Organo di Vigilanza e che vogliamo potenziare anche in ottica Esg. I terzisti, spesso provenienti da paesi diversi, sono sempre supervisionati dal nostro personale per garantire che lavorino in sicurezza; il capobarca e i nostri sorveglianti sono sempre presenti per guidarli. Precedentemente all’adozione del Mog il cantiere si era già dotato di un sistema di trattamento delle acque reflue provenienti dal lavaggio delle carene a circuito chiuso che ha rappresentato per il cantiere, e per la nautica locale, il primo passo verso una maggior attenzione all’ambiente.”
Quali criticità restano da affrontare per garantire lo sviluppo del vostro settore?
“Il settore della nautica in generale è ancora indietro, ma come lo è tutto il Paese, nella parte delle nuove tecnologie. Tema su cui siamo chiamati ad organizzarci, anche solo per l’infrastruttura di rete, che ancora non copre tutto il territorio. Stiamo comunque lavorando con un It manager ad un sistema digitale per le commesse via web in sicurezza. Il tema della cyber security è molto complesso e in continua evoluzione. Navigo, cui siamo associati, sta studiando soluzioni per garantire la sicurezza a tutto il nostro settore; ritengo comunque che data la sua cruciale importanza, questo tema debba essere affrontato a livello europeo.”
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