Il lavoro autonomo nel settore del diporto e il noleggio occasionale
L’impiego di marittimi su unità da diporto mediante contratti di lavoro autonomo, anziché subordinato, rappresenta una tematica di crescente interesse anche per le implicazioni di natura fiscale e previdenziale

Contributo a cura di avv. Michael Tirrito *
* Slt Yacht
L’impiego di marittimi su unità da diporto mediante contratti di lavoro autonomo, anziché subordinato, rappresenta una tematica di crescente interesse, soprattutto in relazione al quadro normativo vigente, alle esigenze di sicurezza della navigazione e alle implicazioni di natura fiscale e previdenziale che esso porta inevitabilmente con sé.
Il Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) disciplina in modo dettagliato il rapporto di lavoro marittimo. Esso si fonda sulla centralità della figura del marittimo come lavoratore subordinato, vincolato da un contratto di arruolamento e sottoposto all’organizzazione gerarchica di bordo.
Gli articoli 318, 323 e 328 rappresentano, oltre all’ampio regime amministrativo, rendono evidente che il regime ordinario del lavoro marittimo si fonda su un rapporto di natura subordinata, nel quale il marittimo è assoggettato alle direttive dell’armatore e del comandante in relazione alle figure più basse in grado.
Il Codice della Nautica da Diporto (D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171) disciplina la navigazione da diporto e introduce il concetto di noleggio occasionale con l’articolo 49-bis. Tale norma consente ai proprietari di unità da diporto di noleggiarle a terzi in forma occasionale la propria unità marittima, senza tuttavia chiarire il regime lavorativo applicabile al personale di bordo.
L’assenza di un riferimento esplicito al tipo di contratto utilizzabile per il personale crea un vuoto normativo che ha portato a interpretazioni contrastanti e a interventi sanzionatori da parte di alcune autorità marittime che spesso hanno assunto carattere contraddittorio tra l’una e l’altra ed a volte quasi surreale.
Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Riforma Biagi) aveva introdotto forme di lavoro autonomo occasionale attraverso gli articoli 70-73, prevedendo la possibilità di ricorrere a prestazioni accessorie anche nel settore marittimo.
Tuttavia, il D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con la Legge 21 giugno 2017, n. 96, ha abrogato questi articoli e introdotto l’articolo 54-bis, il quale disciplina le nuove forme di prestazioni occasionali e ne esclude “implicitamente” l’applicazione al settore marittimo, riservando le prestazioni occasionali esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali.
Tale evoluzione normativa non supporta la possibilità di instaurare un rapporto di lavoro autonomo occasionale nel diporto, creando un’incertezza interpretativa importante.
Se da un lato, nelle aule universitarie ci è sempre stato insegnato che tutto ciò che non è vietato è consentito, dall’altro, nel settore marittimo, vi sono interessi di sicurezza che non possono essere taciuti e che evidentemente hanno giustificato – fino ad oggi – un regime amministrativo dei rapporti di lavoro particolarmente complesso e oneroso.
Siamo infatti davanti ad uno dei rari casi del nostro ordinamento in cui a tutt’oggi l’arruolamento di un marittimo deve avvenire per formale atto pubblico presso la Capitaneria di Porto.
Sul punto non arrivano in supporto neppure le previsioni di cui alla Convenzione sul Lavoro Marittimo (MLC 2006), ratificata dall’Italia con la Legge 23 settembre 2013, n. 113, la quale di fatto non affronta direttamente la questione del lavoro autonomo.
Se a livello generale non è possibile giungere con certezza ad una previsione di ammissione o meno della figura autonoma, è importante definire i tratti tipici del cosiddetto vincolo di subordinazione che determina l’inserimento del lavoratore all’interno dell’organizzazione e della direzione dell’armatore.
Tale vincolo si manifesta attraverso diversi aspetti fondamentali:
- Esercizio del potere direttivo e disciplinare.
- Obbligo di imbarco e registrazione nei ruoli della nave.
- Continuità e stabilità del rapporto di lavoro.
- Tutela previdenziale e assicurativa.
Sul tema dei requisiti di cui sopra, merita analizzare brevemente la peculiare figura del comandante della nave. Quest’ultima è certamente una figura apicale all’interno dell’organizzazione della navigazione, tanto che il Codice della Navigazione lo qualifica come il “capo della spedizione” (art. 186 C.d.N.). Egli detiene la massima responsabilità nella conduzione della nave, nella tutela della sicurezza dell’equipaggio e del carico, nonché nell’adempimento delle normative internazionali e nazionali sulla navigazione. Tuttavia, è necessario precisare che, nonostante l’autorevolezza e i poteri decisionali del comandante, la sua posizione giuridica resta comunque subordinata all’armatore.
Un aiuto importante per delineare i tratti tipici del rapporto di lavoro autonomo è la sentenza del Tribunale di Bologna n. 294/2020. Quest’ultima ha avuto un impatto significativo nella qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei riders, stabilendo che, sebbene formalmente classificati come lavoratori autonomi, in realtà erano soggetti a vincoli e modalità operative tipiche del lavoro subordinato. Il giudice ha evidenziato come il sistema organizzativo della piattaforma digitale, attraverso algoritmi e strumenti di gestione del lavoro, determinasse elementi essenziali dell’attività lavorativa, come:
- Turni e disponibilità lavorativa: sebbene il rider fosse teoricamente libero di scegliere quando lavorare, i meccanismi di prenotazione dei turni favorivano coloro che garantivano continuità e disponibilità costante, riducendo di fatto la libertà organizzativa.
- Modalità di esecuzione della prestazione: la piattaforma stabiliva le tempistiche e i percorsi di consegna, incidendo sulla libertà del rider di determinare autonomamente il proprio operato.
- Criteri di valutazione e ranking: il sistema di assegnazione delle consegne era influenzato dalle prestazioni passate, creando una dipendenza gerarchica indiretta, che condizionava il comportamento del lavoratore.
Questi elementi hanno portato il Tribunale a riconoscere che il rapporto di lavoro fosse caratterizzato da una eterodirezione sostanziale, tipica della subordinazione, e non da un’autonomia genuina. La sentenza ha dunque riqualificato il rapporto autonomo, in rapporto di lavoro subordinato.
Nel settore del diporto, la situazione presenta analogie significative, soprattutto nel caso dei contratti di noleggio sia o meno occasionale.
Un comandante o un marittimo, anche se formalmente assunto con un contratto autonomo, sarebbe nella maggior parte dei casi soggetto a un regime di eterodirezione, disciplinare, valutativo che rende problematica o quantomeno dubbia la sua qualificazione come lavoratore autonomo.
Nel charter nautico, il contratto di noleggio (anche occasionale) prevede che sia il cliente a determinare aspetti fondamentali dell’attività dell’equipaggio. Sebbene il comandante possa essere incaricato dell’esecuzione tecnica della navigazione, le decisioni principali – come la scelta della rotta, le soste e le attività da svolgere a bordo – sono dettate dal cliente.
Questa situazione rivela come l’attività di noleggio anche nella sua forma occasionale, benché il comandante sia teoricamente il responsabile della navigazione, la sua attività sia generalmente eterodiretta da un soggetto terzo (il cliente) e in generale dall’armatore – in riferimento quantomeno ai regolamenti di servizio – , impedendogli di esercitare un’autonomia piena che, comunque, non gli sarebbe attribuita neppure a cose normali.
L’impiego di marittimi autonomi nel settore del diporto, ad oggi, per tutto quanto sopra analizzato e approfondito più nel dettaglio nell’articolo completo (https://sltyacht.com/2025/03/17/il-lavoro-autonomo-nel-settore-del-diporto-e-nolnoleggio-occasionale/) si presenta fortemente problematico, sia per l’assenza di un quadro normativo chiaro che per la tendenza della giurisprudenza (anche se non di settore specifico) a riconoscere la prevalenza del rapporto subordinato.
Come riflessione di chiusura, non posso non rappresentare l’opportunità di una discussione aperta sul tema del lavoro autonomo nel settore marittimo, in modo che sia valutata a livello associativo e legislativo la possibilità di definire l’opportunità di definire i contorni di tale figura nel diporto e nel caso introdurre una disciplina dedicata con le relative tutele così come in molti altri paesi europei.
Infatti, se tutto quanto sopra rimane valido, è pur vero che ci possono essere situazioni peculiari che potrebbero giustificare l’utilizzo di rapporto di lavoro in forma autonoma.
Si pensi per esempio all’incarico per lo spostamento di una unità marittima, all’incarico per svolgere delle prove a mare in concomitanza con una compravendita o più semplicemente il noleggio occasionale o meno di una unità non munita normalmente di equipaggio (perché disarmata e non in utilizzo) che venga condotta in forma “sufficientemente autonoma” dal comandante.
Tutte le ipotesi sopra potrebbero essere benissimo gestite, entro certi limiti, utilizzando rapporti di lavoro di natura autonoma. Quello che in questi casi però è importante, per non dire fondamentale, è un contratto di lavoro autonomo definito correttamente e una struttura aziendale e contrattuale verso i clienti che rispecchi tale tipo di impostazione autonoma.
Leggi l’articolo completo al seguente link – https://sltyacht.com/2025/03/17/il-lavoro-autonomo-nel-settore-del-diporto-e-nolnoleggio-occasionale/ – .
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