Dott. Claudio Potenza: dalla laurea in economia, al lavoro in Nestlè fino al comando del Tremenda
Intervista a 360° per scoprire le scelte adottate sul super yacht di 45 metri appena costruito da Cantiere delle Marche, sulla sicurezza a bordo e sul rapporto con armatore e società di management
Il comandante Claudio Potenza, attualmente al comando del nuovissimo explorer Tremenda costruito e appena consegnato da Cantiere delle Marche, ha una particolare storia alle spalle. Dopo una laurea in economia e commercio, un master e due anni nel settore finanza nella multinazionale Nestlè, ha scelto di seguire la sua passione per il mare lasciando una carriera promettente per intraprendere un nuovo cammino nello yachting. Inizia da qui la sua intervista con SUPER YACHT 24.
Comandante Potenza, perché ha deciso di rinunciare a una carriera manageriale per ricominciare da zero nella nautica?
“La vita di ufficio a Milano non si adattava al mio temperamento e inoltre, da siciliano, mi mancava il mare. Da ragazzo, per pagarmi gli studi, lavoravo come skipper e istruttore di sub, così – nonostante i pareri contrari di tutti – mi sono iscritto all’Istituto Nautico e ho conseguito il diploma da esterno insieme ai ragazzi di 17 anni. Ho poi ottenuto i titoli nautici MCA in Inghilterra e l’ufficiale di Navigazione mercantile in Italia. Dopo una gavetta partita dalle stive, in tre-quattro anni sono passato da marinaio a ufficiale fino a diventare comandante. E stata la mia voglia di libertà a spingermi nella sfida di tornare al mare. Così a 28 anni ho ricominciato da capo.”
Una volta diventato comandante quali sono state le sue esperienze più formative?
“Nei miei primi incarichi ho lavorato su imbarcazioni di diverse dimensioni, sia a vela che a motore, viaggiando in tutto il mondo: dall’America al Mediterraneo, Mar Rosso fino a Hong Kong. Ho pilotato navi di dimensioni sempre maggiori, passando dai 30 ai 50 metri. Credo comunque che la vera esperienza non dipenda dalle dimensioni della nave, ma dal tipo di navigazione richiesto dall’armatore. Lavorare per un armatore che ama esplorare posti remoti significa dover affrontare un notevole studio prima del viaggio e altrettanto impegno durante tutta la crociera. Mi è capitato ad esempio di partire da Miami per arrivare a Boston ma – soprattutto – l’esperienza estremamente interessante e formativa è stata il viaggio a Cuba.”
Cosa ha previsto questa crociera a Cuba a livello di impegno e rischi?
“Cuba è un’isola chiusa allo yachting e non dà alcun tipo di supporto. È stata una vera sfida, soprattutto per il rifornimento di carburante, che abbiamo dovuto recuperare da un deposito aereo con l’aiuto di un cubano. La mancanza di informazioni, carte nautiche e porti rendeva tutto incerto. Non esiste assistenza né feedback perché nessuno va a Cuba. Un guasto al motore ci avrebbe lasciati bloccati indefinitamente. Dopo quella crociera, l’armatore decise di vendere la barca e mi diede appuntamento per la costruzione della successiva che è appunto il Tremenda, di Cantiere delle Marche.”
Può parlarci di questo armatore, che incuriosisce anche per il nome che ha dato alla sua barca?
“E’ il capostipite di una grande famiglia, molto unita, di origini messicane, che ama non solo la bella vacanza, ma anche conoscere la cultura, la gastronomia e le bellezze naturali dei luoghi che visita. Il nome Tremenda, che in messicano significa “straordinaria”, è quello che l’armatore ha dato a tutte le sue barche. Ho iniziato a lavorare con lui nel 2016, con una pausa dal 2020 quando la barca è stata venduta. Il nostro rapporto è poi ripreso con la costruzione del nuovo Tremenda nel 2022 per la parte progettuale e spec review e nel 2023 per la parte costruttiva in cantiere. Negli anni 2017 e 2018 abbiamo fatto i due viaggi importanti di cui accennavo: quello da Miami fino a Boston, con tappe in tutta la East Coast americana, è stato un viaggio nel passato, storico, bellissimo: un viaggio che sia per lui che per me rappresentava un sogno personale. Una volta tornati, l’armatore mi ha dato un mese di tempo per pianificare il viaggio a Cuba per il periodo natalizio. Ho visitato l’isola per parlare con la gente e capire il tipo di supporto locale. Dopo aver fatto rifornimento e provviste, siamo partiti per l’Avana, l’ingresso a Cuba. Da lì, ci siamo avventurati verso sud, in un vero Far West, visitando luoghi abbandonati e piccoli villaggi, accessibili quasi sempre solo con il tender.”
Che tipo di esperienza ha vissuto come owner’s representative nella costruzione di questo explorer?
“L’esperienza con Cantiere delle Marche, che viene da una formazione quasi familiare e costruisce un numero limitato di navi, è molto positiva, vi si respira un’aria quasi ‘artigianale’. La barca è il risultato di un progetto condiviso tra me, l’armatore e il designer, nel quale ho spinto per apportare tante soluzioni tecnologiche di nuova generazione, assumendomi anche rischi importanti. Nel programmare i lavori nel 2021 per una consegna prevista nel 2024, eravamo consapevoli che la tecnologia si sarebbe evoluta rapidamente e abbiamo deciso di eliminare dei sistemi tradizionali, come ad esempio i dome per le antenne Vsat e Tvsat ormai superati, per investire in nuovi sistemi satellitari che integrano tecnologie avanzate, come antenne piatte phased array, tipo Starlink. Nel 2021 è stata una scelta audace, ma oggi sono soddisfatto dei risultati.”
Quali particolarità avete apportato sul Tremenda?
“Giorgio Cassetta, designer molto proattivo, ha creato gli esterni e le linee d’acqua della barca apportando anche accorgimenti molto belli nelle vetrate. Insieme a Giorgio e allo studio che si occupa della ingegnerizzazione dello yacht per conto di CdM abbiamo modificato la prua, originariamente verticale pura, aggiungendo il bulbo. Questa modifica conferisce alla barca maggiore stabilità e potenza sulle onde, combinando l’estetica della prua verticale con i vantaggi necessari per le nostre navigazioni oceaniche.”
Il rischio delle alterazioni climatiche la preoccupa quando naviga?
“È una preoccupazione costante per tutti noi comandanti. Oggi le barche sono sicure al 99% grazie a vari accorgimenti di sicurezza, ma non possiamo proteggerci da eventi imprevisti, fortissimi e purtroppo sempre più frequenti. Dobbiamo essere sempre pronti, seguendo procedure rigorose per garantire la massima sicurezza e la stabilità della barca.
Penso spesso che il rischio stia aumentando. Ho voluto anche per questo aggiungere sulla barca il bulbo, oltre a quattro pinne stabilizzatrici, invece di due come consuetudine. Abbiamo lavorato inoltre sulla chiglia per renderla molto profonda e sulla larghezza del baglio massimo di poppa per migliorare la stabilità; in più è una delle prime barche a essere dotata di un sistema elettronico avanzato che, grazie a una CPU di ultima generazione, collega la timoneria alle pinne stabilizzatrici. Questo sistema anticipa le manovre di virata, riducendo al minimo lo sbandamento e mantenendo l’imbarcazione in assetto ottimale per una navigazione più fluida e confortevole.”
Ha mai vissuto esperienze di questo tipo nella sua carriera?
“Sì, e ho provato paura, ma non per me stesso, piuttosto per il benessere degli ospiti e dell’equipaggio. Fortunatamente, non ci sono stati infortuni, solo danni inevitabili alla barca. La competenza dell’equipaggio è stata fondamentale; in mare non si può affrontare tutto da soli. Sono molto conservativo: quando immagino una crisi, la considero tre volte peggiore per prepararmi e preparare il team al peggio. Grazie a questa mentalità e, forse, a un po’ di fortuna, non abbiamo mai avuto incidenti gravi.”
Cosa può dirci del suo equipaggio?
“Sto ricreando un equipaggio di nove membri e ho già alcune persone di cui sono soddisfatto. Sarebbe ideale avere sempre gli stessi membri, soprattutto nei ruoli chiave, ma a volte non è possibile. In generale, ho sempre lavorato a lungo con il mio team. L’equipaggio è fondamentale, come lo è la sua formazione, anche per la fiducia che deve esserci tra noi. Quando do un ordine, devo sapere che verrà eseguito correttamente, perché in gioco c’è la vita di tutti.”
Come si può mantenere un buon morale tra le difficoltà del lavoro a bordo?
“L’unica soluzione efficace è implementare una politica di rotazione equilibrata. La cultura è cambiata e non si può pretendere che una stewardess di 20 anni rimanga per tre mesi a bordo senza pause e senza conseguenze. È fondamentale darle tempo libero per vivere la sua vita. Gli armatori spesso non comprendono questo aspetto. Dovrebbero essere definiti contratti di rotazione supportati da normative, il che cambierebbe radicalmente la situazione: ci sarebbero più posti di lavoro, maggiore stabilità e professionalità, e equipaggi più fedeli.”
Quanto la aiutano nel lavoro di comandante i suoi studi in economia e commercio?
“Oggi il comandante è un manager che gestisce conti bancari, budget e report. La mia formazione economica mi facilita in questo compito. Gestire opere d’arte o lunghe liste di prodotti da imbarcare non è semplice; mentre molti si affidano a società esterne, io riesco a organizzare tutto autonomamente.”
Ha mai avuto incarichi in cui l’armatore si affidava a società di management?
“Oggi avere una società di management è un must. Anche noi ci avvaliamo di una società che gestisce diverse situazioni. Queste aziende offrono protezione giuridica e legale, rassicurando gli armatori. Nel mio caso, essendo stato incaricato dall’armatore in questo mio ruolo di comandante, mi relazionerò con la società di management; l’aspetto negativo è che comunque in questo modo il mio rapporto umano con l’armatore si ridurrà, ma questo cambiamento purtroppo è inevitabile.”
Il mondo è cambiato e l’armatore vuole stare più tranquillo, ma nello specifico: come è cambiato?
“Oggi le normative sono più restrittive, e viaggiare per il mondo è diventato complicato a causa di questioni legate all’Iva, alle bandiere e ad altro. Prima di partire ci sono molte dichiarazioni burocratiche da fare, e qui il management si rivela utile, assumendosi gran parte di queste responsabilità. Può però diventare invasivo quando supera certi limiti, e definire i confini di questi limiti non è semplice.
Avendo deleghe molto ampie dall’armatore, il management può trasformarsi in un deus ex machina della barca, costringendo il comandante a dover scegliere tra il ruolo di manager o quello di tassista. In passato, tutto era più marinaresco e romantico; oggi invece ci troviamo con un grande ufficio che gestisce una persona che ha un compito complesso e completamente diverso da quello di ufficio; questo non può che rendere la comunicazione tra le parti molto difficile. Ma è il percorso che il settore ha intrapreso e, trattandosi di un’industria privata, penso che il nostro ruolo non sia quello di giudicare, ma solo di decidere se farne parte o meno. Il comandante deve mantenere un ruolo decisivo, soprattutto in situazioni critiche, come un’uscita in mare con tempo incerto. Quando c’è una società di gestione, però, anche regole come queste possono essere messe in discussione”.
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Cantiere delle Marche ha varato l’explorer yacht di 45 metri Tremenda