“Innovazione continua”: il comandante Carlo Gabelli racconta i suoi 30 anni con l’armatore Piero Ferrari
Intervista a colui che studia e condivide con l’esperto imprenditore appassionato di nautica gli sviluppi e l’evoluzione delle nuove barche e navi da diporto prima progettate e poi costruite e vissute
Subito dopo il suo rientro da una lunga navigazione con il suo armatore, l’ingegner Piero Ferrari, vicepresidente dell’omonima prestigiosa casa automobilistica fondata dal padre Enzo, nonché titolare di altre importanti cariche e azionista di peso di Ferretti Group, SUPER YACHT 24 intervista il comandante Carlo Gabelli rappresentando il racconto di un rapporto di fiducia fra i due che dura da oltre 30 anni.
Comandante Gabelli, un rapporto di così lunga durata fra comandante e armatore è piuttosto una rarità. Cosa ne avete tratto entrambi a livello personale?
“Il mio rapporto di lavoro con l’ingegner Piero Ferrari è iniziato esattamente il 7 aprile del ’93. In questo lungo periodo, ho certamente maturato una significativa crescita come comandante, e parallelamente, da sua affermazione, anche lui ha sviluppato la sua esperienza e competenza come armatore. Nel corso di oltre 31 anni, abbiamo cambiato 12 barche private, iniziando con imbarcazioni di dimensioni contenute e crescendo progressivamente fino ad arrivare, nel 2019, al 50 metri Riva. Abbiamo poi deciso di passare a una barca più piccola lo scorso maggio. Questo significativo turnover, quasi interamente composto da prototipi sviluppati dall’ingegnere, mi ha permesso di acquisire una vasta esperienza. Oggi possiamo affermare di avere accumulato insieme un notevole bagaglio tecnico.”
Ci racconta com’è avvenuto l’incontro con Piero Ferrari?
“Ho frequentato l’Istituto tecnico e durante le pause estive, chiamato da un amico, lavoravo come ormeggiatore sul pontile di Rapallo; lì è iniziata la mia passione per il mare e la curiosità di vedere cosa c’era fuori dalla diga foranea. Una passione che mi ha portato nel tempo a voler acquisire i titoli italiani e ad approcciare alla carriera iniziando con alcune barche di piccole dimensioni. L’ingegnere, al tempo, dopo un’esperienza non positiva con un precedente comandante, stava cercando una persona formata, con voglia di lavorare e di migliorarsi. Siamo entrati in contatto attraverso un’agenzia che ha ritenuto di propormi per quell’incarico. Il nostro rapporto lavorativo è partito con una barca piccola e poi, l’escalation di dimensioni mi ha portato nel 1997 a comandare una nave da diporto.”
Che tipo di barche e quali caratteristiche devono avere le barche del suo armatore?
“L’ingegnere è sicuramente un armatore esigente e un tecnico di alto livello, e il lavoro che svolge parla da sé. Essendo Ferrari un’eccellenza italiana, chiunque faccia parte del team è abituato a dare il massimo, e lui si aspetta lo stesso impegno a bordo. Lo definirei una persona appassionata, la cui dedizione varia in base all’oggetto e alle prestazioni che richiede. È un uomo pieno di iniziative, sempre in movimento, e in base alle sue nuove esigenze, cerca ciò che ritiene ideale per soddisfarle, anche in termini di yacht. Dopo la vendita del Riva di 50 metri, il più grande yacht che ho comandato finora, ha scelto un Riva 88 Folgore come sua nuova imbarcazione.”
Come riesce lei a mantenere un rapporto con l’equipaggio che funzioni al più alto livello?
“Sono una persona molto esigente – dovrei esserlo in ogni caso perché con il mio armatore non si può essere da meno – ma credo comunque che nei confronti dell’equipaggio sia indispensabile avere quell’elasticità che gli conceda, quando possibile, un po’ più di tempo libero per lo svago, per bilanciare il sacrificio di quando la pressione del lavoro e i turni diventano massacranti. Tenerlo sempre sotto pressione crea malumore, nervosismo, tensioni. I carichi di lavoro sono pesanti, anche su una barca di 50 metri, dove gli spazi sono comunque ristretti e si cerca per lunghi periodi di non disturbarsi a vicenda.
Cerco sempre di avere un equipaggio che sia fidelizzato, con uno zoccolo duro di persone valide nelle figure apicali quali il direttore di macchina, il cuoco, la chief stewardess. E’ importantissimo formare un team che lavora bene, insieme, per un unico obiettivo. L’ingegner Ferrari ha inoltre sempre preferito avere intorno a sé persone che conosce e di cui ha fiducia.”
Scarsa formazione dei candidati e turni di lavoro impegnativi sono alcune delle principali criticità relative all’equipaggio: come gestirle sapendo che impattano anche e soprattutto sulla sicurezza della crociera?
“Purtroppo non ci sono persone formate al giusto livello disponibili immediatamente; quindi è fondamentale evitare di dover inserire all’ultimo momento persone che potrebbero non essere adeguate. Quando si verifica una defezione nel corso della stagione è spesso preferibile compensare con un maggiore sforzo degli altri membri dell’equipaggio già fidelizzati. In questi casi è ancora più importante trovare spazi temporali per recuperare le energie affinché non ne risenta la sicurezza di tutti. Su una barca privata l’unica soluzione è sensibilizzare l’armatore, lavorando insieme per garantire che l’equipaggio possa avere, quando necessario, giornate di recupero.”
A suo avviso non sarebbe opportuno regolamentare questo aspetto per aumentare la sicurezza nella navigazione?
“Credo sia un’utopia perché nel nostro mestiere le variabili sono così tante da non permettere di stabilire la turnazione o il momento di riposo. Una barca in navigazione che incontra condizioni meteo marine sfavorevoli, ad esempio, rappresenta un impegno costante per l’equipaggio che non può mai sottrarsi a queste responsabilità.”
Lo yachting va sempre di fretta: i cantieri devono consegnare, gli armatori partire e sfruttare al massimo i giorni di vacanza. C’è il rischio che qualcosa vada a discapito della sicurezza?
“Il vero lavoro per garantire la sicurezza viene svolto preventivamente in cantiere. Tutti i sistemi di sicurezza devono essere attentamente progettati e implementati. Tuttavia, i tempi tecnici di realizzazione sono spesso sottovalutati, e la fretta di consegnare per una partenza imminente può impedire di completare tutti i test necessari e di fornire un adeguato training all’equipaggio. Sarebbe auspicabile considerare un rinvio della consegna, magari di un mese, per dare il tempo necessario a un equipaggio di acquisire la conoscenza dell’imbarcazione. Solo attraverso l’esperienza diretta si può apprendere e gestire efficacemente ogni aspetto del sistema.”
Da esperto che partecipa alla realizzazione di nuove barche di cui poi assumerà il comando, cosa ancora non si è riuscito a migliorare nella fase di costruzione di uno yacht?
“Rilevo dei rischi legati al rapido e complesso avanzamento tecnologico, un aspetto che tocco con mano, considerando che cambiamo yacht mediamente ogni tre anni. Stiamo riponendo molta fiducia nella tecnologia e ci stiamo spingendo verso l’automatizzazione dei sistemi con il rischio di non essere in grado di intervenire nel caso si verifichi un problema. È fondamentale implementare una formazione adeguata su queste innovazioni, sia in termini di sicurezza che di procedure. Tuttavia, questa necessità si scontra con le difficoltà legate alla gestione delle consegne, che richiedono già molte verifiche preliminari. Di conseguenza, risulta complesso acquisire queste competenze nei tempi richiesti.”
Se la sicurezza di uno yacht sarà ancora più a rischio con l’aumento di sistemi di governo della nave che s’interfacciano a internet cosa andrebbe fatto?
“Dobbiamo restare al passo su questo tema perché diventerà veramente rischioso andare in mare senza aver affrontato il problema. Sono convinto che non ci sia consapevolezza riguardo a questo pericolo solo perché non si è ancora verificato un incidente eclatante. Nella mia esperienza, già nel 2008 con l’armatore avevamo installato dei motori che potevano essere monitorati in remoto da un tecnico che verificava i parametri di funzionamento 24 ore su 24 e poteva quindi gestirne l’utilizzo e decidemmo – per alcune criticità emerse – di non utilizzare questo sistema. Tuttora, per garantire la sicurezza, vieto l’accesso ai tecnici che devono effettuare interventi sugli apparati durante la navigazione.”
Si è fatto un’idea su quale possa essere stata la causa dell’affondamento del Bayesian?
“Possiamo solo formulare ipotesi mentre le indagini sono in corso. E’ evidente che c’è stata una perdita di stabilità dell’imbarcazione che ha portato all’affondamento, probabilmente aggravata da una tromba marina che avrà inclinato la barca. E’ possibile che l’acqua sia penetrata a bordo; se non verranno riscontrati danni allo scafo potremo presumere che sia entrata da un portellone o da un osteriggio aperto.”
Torniamo a lei e al suo armatore: quali idee e riflessioni hanno indotto l’ingegner Ferrari a quest’ultimo passaggio da un 50 a un 27 metri?
“L’ingegner Ferrari cerca la perfezione. Ama progettare, costruire, e seguire ogni fase del lavoro per realizzare un oggetto che funzioni in modo impeccabile, combinando comfort ed estetica. Il 50 metri, completamente custom, lo abbiamo sviluppato nel 2015 e ci è stato consegnato nel 2019; abbiamo quindi avuto il tempo per osservarlo, rivederlo, e seguire la sua costruzione. Su quella barca l’ingegner Ferrari ha canalizzato tutti i suoi canoni estetici mentre io ho riversato i miei 30 anni di esperienza, seguendola tecnicamente dall’inizio, e occupandomi della scelta dei motori e degli apparati. Il risultato è stato eccellente, grazie alla sinergia fra armatore, cantiere e comandante. Il perché del cambio dal 50 al 27 metri? Dipende unicamente dal fatto che l’ingegnere è abituato a cambiare e che attualmente predilige una barca più sportiva e veloce. A settembre forse concluderemo la stagione a Montecarlo e poi valuteremo i prossimi passi. Siamo sempre in evoluzione e non dobbiamo fermarci mai: questo è il principio che l’ingegner Ferrari applica costantemente, come dimostrano le auto della sua azienda, che sono in continua innovazione e non si fermano mai”.
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