Francesco Paszkowski: “Le innovazioni richiederanno ancora tempo mentre l’hotellerie sta cambiando moltissimo”
Il noto designer fiorentino raccoglie l’appello a fare squadra ma al tempo stesso ammette che la concorrenza fra i cantieri e il campanilismo rendono difficile creare un ‘sistema Italia’
La Spezia – Il Blue Design Summit di La Spezia è stata l’occasione per SUPER YACHT 24 di conversare con un altro ‘mostro sacro’ del design nautico come Francesco Paszkowski, fondatore dello studio d’architettura Francesco Paszkowski Design.
Sarcastico, dissacrante e severo in alcuni giudizi durante il panel a cui ha preso parte, a margine dell’evento si è reso disponibile a parlare di innovazioni e sperimentazione nel design, commentando in particolare come queste possano coniugarsi con la gestione quotidiana di una nave da diporto e prima ancora con la sua costruzione.
Partiamo dalle nuova tecnologie: dal suo punto d’osservazione cosa vede nel futuro della nautica da diporto?
“Quando si parla di tecnologie tipo l’idrogeno, l’ammoniaca e il metanolo ancora non ci siamo se devo essere sincero. È un mondo in divenire, ma in divenire da qui a 10-15 anni, cioè oggi noi abbiamo ancora una committenza che vuole la barca a gasolio. Quindi ci sono tecnologie che andranno bene per il futuro ma gli equipaggi dovranno essere anche loro formati a gestirla questa tecnologia. Questa è una trasformazione talmente lenta che oggi, nell’ibrido, noi non abbiamo visto attecchire; è una tecnologia che doveva attecchire subito ma ha rallentato perché non ci sono equipaggi, non ci sono comandanti che abbiano acquisito l’esperienza necessaria. Qui devi essere quasi un ingegnere e conoscere bene questa tecnologia.
Gli equipaggi tendono a rifiutarsi di entrare in questi mondi. Quando tanti anni fa ci fu ad esempio il mondo del waterjet, tutti ne parlavano ma nessuno lo voleva perché bisognava saperlo portare e tutti i comandanti l’hanno tagliato. Poi la gente va in moto d’ acqua a tutta manetta (e quelli sono comunque waterjet…) ma avevano tutti paura. La stessa cosa sta avvenendo con queste tecnologie nuove. Poi c’è da dire un’altra cosa…”
Prego…
“Il mondo dei motori non è un mondo di stupidini; stiamo parlando di aziende che fanno sviluppo meccanico e ingegneristico e che si sono mosse per poter aumentare le prestazioni ma diminuire il consumo, quindi verso un’efficienza maggiore dei motori. E lo hanno fatto perché si sono resi conto che onestamente siamo ancora troppo lontani. Quindi io dico che ci sarà questo passaggio, perché ci dovrà essere, ma, rispetto al mondo ad esempio dell’auto, che è il mondo marcatore dei grandi cambiamenti, avverrà molto più avanti.”
Guardando invece all’innovazione futura che cosa vede in termini di linee esterne, di spazi interni, di pesi?
“Dipende anche lì. Ad esempio l’hotellerie sulle barche sta cambiando moltissimo perché, mentre prima, per fare un esempio, le cucine erano abbastanza ridotte come dimensionamento e come accessoristica, oggi in funzione anche di un mondo che è cambiato (lo vediamo anche in televisione con queste grandi gare di cuochi oppure trasmissioni su ristoranti e sulla cucina) hanno ingenerato negli armatori un desiderio di avere a bordo il loro chef. È lo chef deve essere uno chef, non ti dico stellato, ma poco ci manca. Quindi questo cosa comporta? Che lo chef che arriva a bordo deve avere tutta una serie di apparati per poter cucinare a livello di ristorante a terra; questo fatto ha portato a dimensionamenti maggiori. Ma anche un consumo elettrico maggiore, quindi oggi l’hotellerie in questo senso assorbe tantissime energia.”
Come soddisfare questa maggiore richiesta di energia a bordo?
“In parte ci hanno provato con il fotovoltaico però, per poter avere delle potenze da poter gestire delle cucine di un certo genere, ci vorrebbe una portaerei rivestita di pannelli solari. Quindi siamo ancora indietro. Sicuramente arriveremo ad avere delle batterie dal grafene che magari sono più piccole e compatte e che riescono a dare molta energia, quindi in piccoli spazi dare tanta energia, però è un divenire. Rimarremo ancora legati nei prossimi 10 anni a un utilizzo del gasolio, magari appunto controllato.”
Raccoglie l’appello a fare maggiormente squadra in Italia? Si può concretamente pensare di raggiungere questo obiettivo?
“Io sarei la persona più felice a cercare di fare ‘sistema italiano’. Sono onestamente legato a diversi designer e mi confronto anche con loro quando ci incontriamo perché li rispetto, perché vedo come lavorano e chiaramente rispetto quelli che lavorano in un certo modo. Da quelli che fanno la fuffa mi allontano. Però ci sono una serie di professionisti con cui si potrebbe fare sicuramente sistema. Il problema è che non è permesso dalla cantieristica in generale, perché un po’ il designer è una sorta di pilota di Formula 1: c’è dietro una grossa squadra, che mette le energie e mette dei soldi, ma poi vuole il successo con quel pilota. Quindi sapere che magari il pilota va a dire o a dare delle informazioni o le condivide in un gruppo dove ci sono altri concorrenti diventa un po’ un casino. E allora secondo me si rimarrà ancora protetti, però dovrebbe in effetti esserci un ‘sistema Italia’ nel mondo design e non solo, collegato anche ai cantieri stessi, ma siamo in un paese di campanilisti. Cioè se vai a Viareggio sono nemici di Spezia, un cantiere è nemico di quello successivo. Per me non esiste perché dovremmo fare tutti gruppo come fanno in Olanda.”
Come fanno in Olanda?
“In Olanda sono strutturati per fare unione e hanno un prodotto che è di altissima qualità, ma soprattutto loro non hanno queste separazioni culturali. Questo è un grosso problema perché ti assicuro che a Pisa, l’orgoglio che c’era nei pisani nei vecchi Cantieri di Pisa, era un orgoglio tale che quando parlavi di barche c’era soltanto Cantieri di Pisa. Se tu andavi a Varazze si parlava solo di Baglietto. Non c’era la voglia di dire: ‘Oh ma a Pisa hanno fatto quella cosa, perché non la facciamo anche noi visto che è intelligente? Perché non ci sentiamo e facciamo una tavola rotonda e ci passiamo delle idee? Questo ancora non esiste ed è una questione di cultura e di educazione.”
CLICCA QUI PER ISCRIVERTI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPER YACHT 24
Luca Dini: “L’Italia faccia sistema e non si dimentichi che lo yacht è una barca”