La sfida green e il super yacht del futuro secondo Pezzini (Floating Life)
Dal metanolo fino al nucleare, passando per la necessità di scafi innovativi e di competenze tecniche che spesso ancora non si trovano fra i fornitori e gli equipaggi
Cannes (Francia) – Metanolo, nucleare, forma dello scafo e batterie. Tante e diverse secondo Andrea Pezzini, cofondatore (insieme a Barbara Tambani) della società di gestione e progettazione di yacht Floating Life, possono essere le soluzioni allo studio per concepire la nave da diporto del futuro. Progetti che l’esperto manager di yacht sta concretamente cercando di trasformare in una nuova concezione di barca da realizzare nel prossimo futuro per un appassionato armatore e presso un cantiere boutique che rispetti le specifiche tecniche da lui concepite.
Un sogno da trasformare in realtà, quello dello yacht innovativo e sostenibile, che oggi deve però fare i conti con imprevisti tecnici ancora completamente da risolvere da parte dei fornitori e con personale di bordo che necessità di una formazione particolare.
In questa intervista con SUPER YACHT 24 Andrea Pezzini parla di nuovi progetti, del futuro di Floating Life, di nuove tecnologie e di personale impiegato a bordo dei super yacht.
Pezzini da quale novità partiamo? A che punto è il progetto di nuovo super yacht?
“Ci sono una serie di novità importanti. Tecnicamente abbiamo già messo in vasca il modello della nuova carena, che è lo sviluppo del 40 metri che avevamo già fatto, costruito, messo in mare e venduto, in cui abbiamo lavorato tantissimo sulla forma e siamo riusciti a raggiungere una curva di performance della barca molto vicino alla curva teorica per cui abbiamo ricevuto molti complimenti. Abbiamo potuto comparare questa curva con curve di altri cantieri e siamo molto più performanti.”
Questo in pratica cosa comporterà?
“Abbiamo deciso di abbassare la quantità di cavalli e di kilowatt applicati a bordo e in maniera molto sostanziale la barca passa da 1.280 kw a 820 kw a motore, per cui la diminuzione è sostanziale senza toccare la velocità. E’ un primo passo verso lo sviluppo di un ibrido a concezione diversa.”
Un modello innovativo di sostenibilità?
“Abbiamo pensato di fare un green che possa essere veramente tale, per cui abbiamo tolto tutte quegli orpelli del pensiero green, cose dette green ma che non lo sono veramente, e ci siamo orientati verso un approccio su una propulsione elettrica futuribile che abbia un impatto, se non zero, veramente molto basso con l’ambiente.”
Si tratterà quindi di uno yacht duel fuel elettrico?
“Il progetto tenderà ad avere una propulsione totalmente elettrica però con un supporto per produrre l’elettricità un po’ diverso da quello che stanno studiando e vedendo gli altri, basato su un bilanciamento tra termico ed elettrico in modo tale che poi la barca realmente andrà sempre a propulsione elettrica, per cui l’impatto inquinante e tutto quello che riguarda l’inquinamento (suono oltre che ambientale) sarà praticamente zero.
Per quanto riguarda poi la ricarica della parte elettrica, che spinge la propulsione e dà anche energia elettrica alla barca, sarà un impatto ambientale estremamente basso o nullo.
Stiamo rivedendo gli spazi dedicati al gasolio rispetto allo storage delle batterie e che tipo di batterie installare per quel che riguarda il risk assessment che abbiamo studiato. Stiamo cercando proprio una bilanciamento 50 – 50 e se riusciamo a raggiungerlo allora possiamo anche andare da un cliente direttamente o da un cantiere e proporre qualcosa che oggi sul mercato non abbiamo ancora visto.”
Sapete già dove costruirlo?
“No. Abbiamo attualmente dei rapporti diretti con alcune strutture però in questo caso specifico sarà una cosa che studieremo e ragioneremo all’ultimo. In passato siamo andati con dei nostri progetti a farli vedere a dei cantieri e ci siamo ritrovati che poi ci hanno copiato e allora questa volta, se vado, vado dove costruisco non dove mi devono poi fare un preventivo; oppure devo avere un cliente che ci viene dietro con tutti i presupposti di una costruzione fatta come la vogliamo fare noi. Perciò con la massima qualità, la massima sicurezza e la massima aderenza alla specifica tecnica.
Fino ad oggi qualche cantiere ci ha dato delle soddisfazioni, abbiamo costruito con Baglietto tempo fa perchè ci ha costruito quello che avevamo progettato con un ottimo risultato, per cui quello è sicuramente un ottimo candidato. Così come il Cantiere delle Marche.”
Per ciò che riguarda l’azienda Floating Life quali saranno le prossime novità?
“All’interno della nostra struttura ci sarà un riposizionamento mio interno perchè diventerò il presidente onorario della società probabilmente il prossimo anno e una visione della nostra struttura che sempre più è legata a quello che è l’ottimizzazione del servizio che offriamo.
Non è una grossa novità, però comunque è un lavoro fatto molto dedicatamente e ovviamente il concetto di ristrutturazione e revisione interna è finalizzato a ottimizzare sempre più il cliente per l’armatore cliente. Abbiamo aumentato anche le unità interne, siamo ormai una trentina di persone in ufficio dedicato al mondo dello yachting e poi stiamo, spingendo su altri fronti, su altre società nostre del gruppo, come quella delle divise, dove stiamo lavorando in maniera molto mirata per fare un salto di qualità, vogliamo sbarcare in altri continenti e spingere il prodotto che è made in Italy totale, nel materiale e nella manodopera.”
La multiproprietà dello yacht continua a essere un progetto vincente?
“Siamo gli unici che per il momento sono riusciti a gestire una multiproprietà su barche di oltre 40 metri da 15 anni con ottimi risultati e siamo molo contenti. Però le barche sono invecchiate e stiamo studiando la fractional ownership con dei nuovi presupposti, con barche diverse e concepite in base all’esperienza della vecchia sperimentazione, quindi con spazi gestiti in maniera diversa, una mentalità diversa, un numero di clienti diverso a bordo ma con un enjoy molto alto della barca.
Il concetto è che purtroppo più si va nell’ibrido, nell’etico, e meno persone ci sono specializzate, per cui abbiamo trovato molte barche costruite con un concetto e poi date in mano a un equipaggio che, non per colpa sua, non aveva preparazione. Di conseguenza ti trovi con dei problemi enormi a bordo e non sai che cosa fare e spesso nemmeno le ditte che hanno costruito la barca hanno trovato delle soluzioni.
Abbiamo collaborato con una ditta che ha messo un impianto su una barca ibrida che gestiamo e che ha dovuto fare un’esatta replica di quello che c’è a bordo nel proprio laboratorio per capire come risolvere il problema che stanno inseguendo da due anni e non trovano una soluzione. Noi l’abbiamo presa da poco per cui abbiamo ereditato il problema e li stiamo affiancando e aiutando.”
Quindi manca in primis competenza tecnica per pensare che la sosteniblità possa applicarsi alla nautica?
“E’ veramente un mondo complesso dove, ci siamo resi conto, c’è veramente pochissima conoscenza tecnica e quelli che erano i vecchi direttori di macchine che erano bravissimi a smontare la pompa e a riparare un motore con il fil di ferro oggi non sono più sufficienti.
Poi c’è tutta una nuova generazione di ragazzi, ma questo è legato un po’ al trend mondiale di come funziona il lavoro, che hanno delle aspettative del lavoro molto più alte di quello che è il mondo che gli viene proposto per cui c’è un turn over a bordo della barche di ragazzi non tanto per i soldi quanto perchè non riescono a capire come sia il lavoro. Si aspettano di girare il mondo senza pagare un biglietto, ma non è così; in uno yacht di mondo ne vedi poco, vedi tanto lavoro e questo purtroppo è un problema che riscontriamo anche negli uffici nostri quando cerchiamo personale.
Tutto quello che è un mondo dove si guadagna tanto facendo tanta immagine si rivela un mondo dove devi lavorare tanto e non guadagni neppure così tanto.”
Come vede il futuro a lungo termine dello yacht green e della propulsione?
“Per quanto riguarda il futuro io ho una visione , io sono andato oltre l’idrogeno già da diversi anni, noi abbiamo studiato idrogeno dal 2003 al 2017 e abbiamo fatto il primo progetto di barca a idrogeno facendo supportare da degli studi dell’Università di Trieste, abbiamo continuato a lavorarci e, ad un certo punto, abbiamo anche affrontato l’argomento con un finanziamento esterno di un cliente molto interessante e poi però io personalmente ho l’idea che l’idrogeno non sia green, perchè anche quando sarà green per un certo lato ho un’enorme paura sull’impatto ambientale di quella che sarà un’iperossigenazione della nostra atmosfera e altri mille problemi legati a quello.
Sono invece molto spinto a una visione del nucleare, secondo me il futuro, che sarà visto più da mio figlio che da me, sarà un ritorno al nucleare sicuro, molto meno impattante a livello ambientale e con delle possibilità di crescita nel nostro mondo, specialmente la propulsione marina, molto più facile che in altri ambiti come ad esempio l’automotive.”
Il metanolo invece non la convince?
“Il metanolo è legato a un progetto che abbiamo in corso. Metanolo e olii vegetali. Io sono ancora innamorato dell’idea della macchina del viaggio nel futuro dove si apriva il serbatoio e si buttavano le bucce di arancia per far funzionare il motore nucleare. Sono convinto che arriveremo ad avere qualcosa di molto simile e che verrà utilizzata nel nostro mondo.
Al momento vedo bene una propulsione ad olio vegetale con motori che esistono già, perchè Bentley è diverso tempo che ha motori preparati allo switch e che possono essere utilizzati al meglio proprio perchè utilizzati non per propulsione ma per supporto alla generazione dell’elettricità, possono essere controllati meglio e abbattuti meglio i fumi che ne derivano.”
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