Tomei (Versilia Supply Service) cresce e investe nonostante le criticità sull’applicazione dell’Iva
Il fondatore e a.d. dell’azienda viareggina di forniture nautiche spiega perchè la sua azienda in taluni casi si ritrova penalizzata sia in Italia che nei confronti dei competitor stranieri
Viareggio – SUPER YACHT 24 ha intervistato Giuliano Tomei, fondatore e amministratore delegato di Versilia Supply Service, azienda viareggina di forniture nautiche per i superyacht nata a carattere familiare 40 anni fa. La società oggi è presente con varie strutture in Italia e all’estero, ha oltre 50 dipendenti e ha chiuso il 2022 con un fatturato di 25 milioni di euro.
Signor Tomei come è stato l’andamento dell’anno 2022 per la sua azienda?
“Il 2022 si è chiuso in modo positivo con un incremento sia del parco clienti che del fatturato e, aspetto molto importante per me, con aumento del personale. I miei figli stanno progressivamente e meritatamente prendendo il mio posto e avere molti collaboratori, e fra questi tanti giovani, assicura una continuità alla società. Inoltre nel nostro team ci sentiamo tutti come in un’unica famiglia e questo è fondamentale sia per la mia soddisfazione personale che per la riuscita del nostro lavoro.”
Riguardo alle prospettive nel vostro settore cosa prevede?
“Nonostante i tanti problemi creati dal conflitto in corso la situazione generale del comparto non è negativa e anche le nuove commesse firmate dai cantieri negli ultimi tempi producono automaticamente la crescita del nostro lavoro. Le difficoltà sono invece di natura logistica per la dilatazione dei tempi di consegna da parte dei produttori, ma ancora più difficili da gestire sono quelle di natura fiscale per la sovrabbondanza di leggi in Italia rispetto agli altri paesi europei e soprattutto per la difficoltà della loro interpretazione. Intendo in particolare l’applicazione dell’Iva e delle previste esenzioni in ambito europeo per lo yachting, settore che lavora a livello internazionale: agevolazioni di cui purtroppo in alcuni casi non è possibile usufruire proprio per il rischio di interpretazioni diverse, caso su caso, da parte dell’Agenzia delle entrate o della Guardia di Finanza.”
Come riuscite a fronteggiare questo problema?
“Operiamo in modo riduttivo, conservativo. Se l’agevolazione non ci è assolutamente chiara non la applichiamo, ma il non avere mai una forma di controllo che garantisca la correttezza del nostro operato ci lascia spaesati. E su questo punto anche dal lato associativo non riusciamo a ottenere risultati perché la nostra realtà è troppo piccola. Siamo poi vincolati a ulteriori interpretazioni locali: la Dogana di Livorno agisce in modo più o meno simile a quella di Viareggio, a Spezia le modalità sono diverse e a Genova ancora di più, Ancona addirittura si comporta in modo ancor più restrittivo. Questi sono solo esempi. Queste incertezze e difformità procurano danni all’industria nautica italiana che perde lavoro poiché sono molti gli yacht commerciali in costruzione che vengono poi consegnati a società comunitarie applicando quasi sempre le norme per un transito comunitario. Le varie e disparate interpretazioni delle norme ostacolano la concessione delle agevolazioni dell’Iva sugli armamenti e sulle provviste che vanno a favore di questi clienti e favorisce gli altri paesi europei. Un altro esempio: dobbiamo fatturare alla società maltese, ma dovendo consegnare in Italia, dove avviene la costruzione dello yacht, non possiamo naturalmente avere i documenti che comprovano l’uscita delle merci che sono necessari per la ‘doppia prova’ del transito comunitario richiesta per l’agevolazione dal D.L. 331/93 art. 41. Un problema che invece non ha il nostro concorrente che arriva dall’Olanda, effettua il transito comunitario e non fa pagare l’Iva. Partiamo quindi con una deficienza del 22% rispetto alla concorrenza estera.”
In che percentuale questo problema interessa il vostro fatturato?
“Fatturiamo per il 40% ai paesi europei. Un altro 40% a paesi extra europei e il 20% all’Italia.”
La difficoltà di ricevere i prodotti dai paesi esteri rispetto alla fase iniziale della guerra come sta andando?
“Il prodotto che prima ci arrivava in tre settimane ora arriva in tre mesi. Facciamo fronte a questi disagi con un magazzino molto ben fornito importando regolarmente dagli Stati Uniti, dalla Cina e dal Giappone quel 25% di prodotti che sappiamo di dover sempre avere a disposizione. Per il 75% restante dei prodotti che è oggetto di richieste precise dei nostri clienti, entriamo in contatto, molto spesso per la prima volta, con nuovi fornitori che – loro malgrado – ci inviano i prodotti con questo tipo di ritardi. Non è raro che in questi casi il cliente, che si trova magari in quel momento lontano dalla nostra area, debba ricorrere ad aziende più vicine adattando alle sue esigenze quello che trova. Il che fa perdere a noi la commessa, molto spesso già pagata, e crea a volte complicazioni all’armatore per la soluzione di emergenza adottata, quindi non ideale.”
Quali variazioni avete percepito in quest’ultimo anno nelle richieste da parte della clientela?
“La guerra in corso, secondo gli operatori, ha fatto sparire tutti i mega yacht di armatori russi facendo mancare oltre il 13,5% di business composto da un 5-6% di stanziali nel Mediterraneo e dalla percentuale rimanente da loro viaggi estemporanei. Nel settore food manca la richiesta di una parte di cibi pregiati solitamente appannaggio dei clienti russi.”
Cosa prevede per il 2023?
“I dati sono confortanti, ma finché non sarà terminato il conflitto in corso non è possibile fare previsioni attendibili. Noi comunque continuiamo a fare progetti e investimenti. Abbiamo recentemente acquistato un nuovo grande deposito per il food in zona Viareggio e aperto nella zona del porto un supermercato. Continuiamo nel nostro progetto di crescita fiduciosi che tutto torni a posto.”
Oltre che a Viareggio e a Livorno dove è presente Versilia Supply Service?
“Dal 2015 abbiamo una consociata ad Antibes, in Francia, e a Palma di Maiorca. Avevamo una base anche ai Caraibi ma in seguito alla pandemia, a causa dei voli di collegamento internazionale non più in grado di garantire le consegne ai clienti in quelle aree, abbiamo dovuto chiuderla.”
A quale manifestazioni fieristiche parteciperete?
“Al Myba, a Yare a Viareggio, al Monaco Yacht Show e al Mets in Olanda. Ad Antigua al charter-Show, e a Miami a Fort Lauderdale. Abbiamo anche appoggiato l’idea di Benetti di fare lo Yacht Master ad Abu Dhabi. Investiamo molto nella promozione in questa forma come anche crediamo nelle attività che riescono a dare voce al nostro comparto.”
Secondo lei di cosa ha bisogno la nautica italiana?
“Credo che dovrebbe fare quadrato e proteggere la sua filiera. Pensiamo al food: nonostante l’Italia sia uno dei migliori produttori di cibi al mondo e che tutti ritieniamo che questo valore gli venga riconosciuto ovunque, in realtà purtroppo non è così. Ciò dipende dall’incapacità di dare un’immagine di reale qualità dei nostri prodotti al di fuori dei nostri confini. Aggiungiamo poi che il nostro puntare sulla qualità e sulla temporalità del prodotto ci fa scontare la sua minore disponibilità rispetto ai paesi Nord Europei e infine, altro fattore determinante, è anche il numero ridottissimo degli chef italiani su queste navi che ha il rapporto di 1 a 10. Assistiamo così all’incredibile fornitura di navi a Napoli con mozzarelle che arrivano dall’Olanda e di navi a Porto Cervo con la fregola sarda che arriva dalla Francia. Credo che la ragione di tutto questo sia che in Italia appunto non ci difendiamo e non ci proteggiamo l’un l’altro come invece fanno gli altri paesi europei. Se siamo in gara con una fornitura per una nuova costruzione in Olanda e chiediamo i prezzi di un prodotto a un fornitore olandese, se questo lo ha già quotato a un nostro concorrente olandese noi non otteniamo neanche la quotazione. Al contrario se il fornitore italiano che riceve da noi e da un’azienda inglese una richiesta di preventivo per una barca in costruzione a Viareggio nove volte su dieci quota prezzi migliori all’azienda inglese con la motivazione di conquistare il mercato invece di proteggere la filiera del proprio paese.”
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