Frabetti (Sunseeker): “Vogliamo fare barche di qualità, non inseguiamo i numeri”
Soddisfatto per il Boot di Dusseldorf e critico invece con il salone di Genova “dove mi sembra che la clientela internazionale sia un po’ scesa”
Per questa intervista con SUPER YACHT 24 parla da una macchina che lo sta portando a Londra, subito dopo il salone di Dusseldorf appena concluso.
E’ soddisfatto per i risultati raggiunti e non fa nulla per nasconderlo, ma anche molto determinato a continuare a guidare il cantiere verso un periodo di ulteriore sviluppo, a ritmi sostenuti ma non impetuosi e comunque in modo controllato. Andrea Frabetti, chief executive officer di Sunseeker, vuole mantenere l’attenzione sull’obiettivo principale che si è dato, e cioè “costruire barche di qualità, belle e funzionali”.
Ingegner Frabetti, partiamo dal Boot, come è andata in Germania?
“Molto bene, è stata una partecipazione positiva. Posso dire apertamente che prima del salone eravamo un po’ tesi, il Boot non si teneva da due anni e noi abbiamo puntato molto su questo evento, portando ben nove barche. E’ stato un impegno notevole, sia dal punto dell’investimento che della logistica necessaria per farle arrivare a Dusseldorf, che non è semplice”.
Al Boot avete presentato due barche in anteprima mondiale, il Superhawk 55 e il 75 Sport Yacht, che riscontri avete avuto?
“Ottimi, del Superhawk 55 abbiamo ricevuto 52 ordini, ancora prima del lancio, quasi tutti dal settore retail. Il Boot ha mantenuto le attese di un vero salone internazionale, con visitatori e compratori venuti un po’ da tutto il mondo, anche grazie alla nostra rete di distributori. Purtroppo non posso dire la stessa cosa del salone di Genova, dove mi sembra che la clientela internazionale sia un po’ scesa”.
Parliamo del portafoglio ordini complessivo, a che livello è Sunseeker?
“Il nostro backlog oggi vale circa 700 milioni di euro e copre fino tutto il 2024 e parte del 2025. Quest’anno prevediamo di consegnare 132 yacht, contro i 123 dell’anno scorso, per poi arrivare a 140 nel 2024, quando cresceremo anche come dimensioni complessive delle barche e, di conseguenza, di fatturato. Ma ci tengo a dire che non cerchiamo una crescita verticale legata puramente ai numeri, non siamo quotati quindi non rincorriamo la prossima trimestrale e non vogliamo fare sovraproduzione”.
Qual è l’obiettivo allora?
“Vogliamo continuare a costruire barche di qualità e mantenere elevato il valore del nostro brand, la nostra esclusività. Per questo manterremo inalterata anche la nostra impostazione che prevede di costruire quasi tutto in-house, nei nostri siti produttivi, e ridurre al minimo il ricorso all’outsourcing, a differenza di quanto fanno ormai quasi tutti gli altri cantieri della nostra fascia di mercato, che per lo più assemblano”.
Quante persone lavorano oggi in Sunseeker e cosa fanno?
“Abbiamo 2.200 dipendenti diretti, che quest’anno saliranno ulteriormente di circa 200 unità, e si occupano di quasi tutte le fasi di costruzione, dagli stampi in vetroresina, realizzati da noi al 100%, al mobilio, alla cuscineria, agli impianti elettrici e ai sistemi di timoneria e controllo. Questo modello organizzativo è ovviamente più oneroso per l’azienda ma è quello che per esempio ci ha permesso ci ripartire subito dopo la pandemia e soprattutto ci mette in condizione di poter controllare quasi tutto il processo produttivo, salvaguardando la qualità”.
Avete appena chiuso il primo business plan triennale da quando lei è alla guida, cosa prevede il successivo?
“Fra il 2019 e il 2022, gli anni della pandemia ricordiamo, abbiamo investito molto nel risanamento dell’azienda e nello sviluppo della gamma produttiva, passando da 11 a 20 modelli. Fra il 2023 e il 2025 intendiamo proseguire su questa strada: gli indicatori economici sono tutti positivi, chiudiamo il 2022 a circa 360 milioni di euro di fatturato e l’Ebitda è in forte crescita, i dati finanziari sono attualmente in fase di elaborazione e non ancora ufficiali. Sunseeker non ha mai avuto un portafoglio ordini così ampio nella sua storia e gli azionisti sono ovviamente soddisfatti ma continuiamo a investire, specie in ricerca e sviluppo, con un piano complessivo da 45 milioni di euro sui prossimi tre anni”.
Lei è uno dei pochissimi italiani a ricoprire una posizione così di vertice in un cantiere straniero, come sta vivendo questa esperienza all’estero?
“Devo dire che è bellissima, è stata una scelta impegnativa dal punto di vista personale ma oggi faccio una cosa in cui credo. Da ragazzo a scuola una volta fui rimandato a settembre in inglese e ora me la cavo piuttosto bene (ride, ndr), adeguarsi agli usi e costumi di un paese come l’Inghilterra è sicuramente accrescitivo a livello personale, pur se non facile. Devo però anche dire che quella della nautica è una grande famiglia a livello globale, che unisce tutti indipendentemente dalla nazionalità, e fra professionisti ci si capisce al volo”.
Qual è la differenza principale fra la nautica italiana e inglese?
“L’Inghilterra, e in particolare la zona del Solent e del vicino Dorset dove la Sunseeker è nata e cresciuta, è la culla dello yachting mondiale, dove tutto è nato e dove tanto è stato inventato, ma in Italia oggi abbiamo una grande forza industriale complessiva, intesa non solo come cantieristica ma anche come supply chain di fornitura: siamo il Paese di riferimento attualmente nella nautica e a livello mondiale, un po’ come la Germania per l’automobile”.
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