Vasco De Cet: “Ecco cosa devono fare i marina per attirare i super yacht”
Per fare venire in porto gli alberghi di lusso galleggianti e generare indotto il fattore ‘offerta di corrente elettrica’ è fondamentale
Il comandante Vasco De Cet, consulente di Assomarinas, support manager di Marinedi e former manager di Marina di Portisco, nonché autorevole esperto nel campo del marina management, in questa intervista offre ai lettori di SUPER YACHT 24 una panoramica su come cambiano i porti turistici e le modalità dei servizi offerti, con accezione alle esigenze del settore super yacht.
La sua analisi spiega come le prospettive della nautica da diporto, nonostante l’effettiva crescita in termini di fatturato, non vertano però e necessariamente a favore della redditività dei porti turistici stessi. I risvolti, di fatto, vanno visti nelle opportunità collaterali, offerte da un andamento anomalo dell’economia globale colpito da ricadute sul tessuto sociale, atte a favorire il consolidamento del segmento luxury a scapito della nautica media e di quella popolare, offrendo conseguentemente un’evidente stabilità nel segmento navale relativo ai super yacht.
A ciò i marina devono saper far fronte, offrendo fra l’altro maggiori servizi, armandosi di competitività e doti attrattive per i clienti esteri, senza tralasciare importanti provvedimenti per approvvigionarsi di acqua ed elettricità a costi competitivi, che favoriscano un pricing dell’ormeggio congruo e allettante.
Come cambierà la consistenza della flotta nautica da diporto e navale nel lungo termine?
“Nel 2015 prevedevamo un decremento della flotta da diporto a livello globale. Fra il 2015 e il 2025 si attendeva un decremento di circa 10 mila imbarcazioni in Italia. È un fenomeno diffuso in proporzione in Europa e in Nord America ed è dovuto a fattori di natura macroeconomica che nulla hanno a che fare con lo stato di salute della nautica da diporto.”
Cambia il potere d’acquisto, è per questo che ci saranno meno barche nei marina?
“La nautica da diporto risente della divaricazione della forbice reddituale nella fascia media e bassa del ceto medio. I redditi sono calati e non rendono più sostenibile l’armamento di una barca come in passato. La nostra previsione stimava la perdita di 10mila unità in un decennio, ma in realtà si è concretizzata già nel 2021. È un dato significativo che induce una mutazione della prospettiva.”
Collateralmente cresce però il settore dei super yacht?
“C’è un incremento sia nell’area natanti con gommoni di dimensioni da 7 o 9 o 10 metri e ovviamente si consolida la flotta dei circa 5.500 super yacht che ci sono in giro per il mondo, dove c’è un turnover di resi al cantiere e barche nuove, il 40% circa dei super yacht orbita peraltro in Mediterraneo.”
Come reagiscono i marina al calo delle unità da diporto?
“Il calo stimola i porti nord europei, nordamericani e ora anche italiani di lunga tradizione nautica, a iniziare a compensare il calo di domanda mediante le house boat che vengono affittate quasi come casa-vacanza. Un fenomeno da noi già in essere in numerosi marina. La regione Sardegna ha già fatto una legge sull’albergo nautico diffuso.”
Contestualmente cosa succede?
“In sostituzione del ceto medio che non si può più permettere la barca, assistiamo a uno sviluppo del bareboat (locazione a scafo nudo) e del charter.”
Come secondo lei dovrebbero strutturarsi i marina per fare fronte alle contingenze?
“Dovrebbero strutturarsi per accogliere la crescente componente bare boat e charter, che rappresenta un futuro significativo del mercato in un determinato segmento (10-18 metri l.f.t.), pur sapendo che è un’opzione operativamente complicata, perché questo tipo di impiego delle unità da diporto, a grandi linee, rende problematico per il marina l’utilizzo dei posti barca per contratti di durata superiore ai 5 giorni. Contratti annuali, invernali, stagionali o comunque di durata superiore a una settimana per molti marina sono un fattore-chiave dell’equilibrio di bilancio.”
Come si risolve questa criticità?
“Bisognerebbe sviluppare il sistema di ormeggio a secco (dry stack storage), molto utilizzato in Nord Europa. Con questo sistema il cliente che ha la barca ormeggiata ‘a secco’, avverte il marina per tempo e poco prima del suo arrivo il porto tramite un forklift inforca la barca, l’appoggia in un bacino di calma dal quale l’accosta a un pontile di cortesia, dove il cliente la trova pronta. Al suo ritorno il Marina con il forklift solleva la barca per “riporla” nel suo ormeggio a secco. In questo modo si liberano spazi per l’ormeggio per le imbarcazioni bareboat, charter, per quelle troppo grandi per essere ormeggiate a secco e per le navi da diporto (oltre 24 metri)”.
È così che si fa posto ai super yacht dunque?
“Sì, anche, di conseguenza. Bisogna utilizzare gli spazi esistenti. Il calo delle unità da diporto in Italia ci porta a dire che avviare la costruzione di nuova portualità turistica è economicamente un suicidio sia per chi dovrà gestirla e sia per chi è già sul mercato. Fatta eccezione per situazioni che sono completamente prive di realtà portuali significative per lunghi tratti di costa.”
Come va il mercato dei super yacht?
“È un mercato che tiene, il numero delle unità è più o meno stabile. È inoltre un mercato che manifesta delle esigenze di natura particolare legate a un luxury rate molto alto in quel segmento. Questo luxury rate per un marina, fra le altre cose, si traduce nella capacità di erogare energia elettrica in base alla richiesta crescente. Oggi, per una barca di 40 metri ci possono volere 250 Ampere rispetto ai 125 di dieci anni fa. Il marina dovrebbe attrezzarsi per erogare una grande quantità di corrente, considerando il caro prezzi attuale, il che è un problema che si risolve abbassando il costo dell’energia per il porto tramite accordi con i supplier energetici che impongano loro di fornire energia elettrica da fonti rinnovabili che, come noto, ha un costo di produzione notevolmente inferiore alle fonti tradizionali. In questo modo si potrà concorrere a un prezzo internazionalmente competitivo.”
È per questo che i super yacht e gli yacht restano in rada con il generatore acceso?
“Qui sta il problema, una barca di 50 metri è un albergo di lusso e non ha difficoltà a stare in rada. Per farla venire in porto e generare indotto, il fattore ‘offerta di corrente elettrica’ è fondamentale. Il porto deve essere in grado di offrire un pacchetto giornaliero che includa l’energia elettrica.”
E per quanto riguarda la fornitura di acqua dolce?
“Servono i dissalatori marini, ciò consentirebbe di abbattere il costo dell’approvvigionamento idrico rendendoci competitivi per esempio con la Spagna che già produce tantissimo con i dissalatori.”
Cos’altro devono fare i marina per diventare attrattivi per i super yacht?
“C’è l’esigenza di sviluppare servizi per gli yacht superiori ai 18/20 metri. Durante la bassa stagione dobbiamo essere nella condizione di offrire agli equipaggi i giusti collegamenti, serve poi un waterfront gradevole, una lounge accogliente e servono servizi dedicati soprattutto nei periodi di alta stagione.”
Ha avuto esperienza con i super yacht oggetto di sanzioni internazionali o ha dovuto “gestire” eventuali sequestri?
“Il problema di queste barche è rappresentato dai costi. Le sanzioni hanno un costo per chi le ha create. Il problema è con il governo russo e non con i russi in generale. In particolare il sequestro di un super yacht ha dei costi importanti che ricadono sullo Stato. Direttamente, fino a maggio di quest’anno, quando ero ancora a Marina di Portisco, non ho avuto diretto coinvolgimento in questa fattispecie. Ma, ripeto, i colleghi che ne hanno fatto esperienza riferiscono che il vero problema è di chi paga le spese di ormeggio, consumi e manutenzione del super yacht. Sono navi di fatto e non possono essere abbandonate a sé stesse, anche perché, qualora dovessero essere riconsegnate all’armatore, andrebbero restituite nello stato di fatto in cui sono state sequestrate.”
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