Marittimi extra Ue: l’attuale soluzione non basta a colmare il gap concorrenziale con l’estero
Per rimediare è stata cioè estesa ai lavoratori extracomunitari la possibilità di ottenere dagli uffici consolari italiani all’estero un visto di ingresso in Italia per motivi di lavoro fino a 365 giorni
Di seguito riportiamo integralmente il riassunto e gli ultimi aggiornamenti forniti dall’associazione Genova for Yachting sulla spinosa questione della circolazione dei marittimi extra Ue a seguito del recepimento in Italia di una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2020. Anche per questo fattore, oltre al C0vid 19, a Genova si è assistito a un minor numero di transiti e di permanenza delle grandi navi da diporto nel corso del 2021.
Per Genova For Yachting il delegato alla gestione della vicenda che riguarda i visti marittimi è Bruno Guglielmini, amministratore delegato di Amico & Co. A detta sua finora da Roma sono arrivate soprattutto risposte negative sulla richiesta di rivedere l’applicazione di quanto previsto dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue. Una mezza soluzione oggi è stata trovata nella collaborazione con i consolati italiani all’estero ma finora solo quello di Ginevra in Svizzera si è dimostrato particolarmente efficiente e rapido sulle richieste di visti. Larga parte dei marittimi che lavorano a bordo dei super yacht sono anglosassoni, dunque extra-Ue, e i cantieri concorrenti a quelli italiani sfruttano questa complicazione operativa e burocratica per accaparrarsi commesse.
Il mercato dei servizi alla grande nautica da diporto esiste a condizione che sia soddisfatta una condizione semplicissima: la permanenza dei grandi yacht in territorio italiano per periodi significativamente lunghi, che consente sia l’esercizio di attività commerciali nelle nostre acque (crociere, charter) sia le soste tecniche presso marine e cantieri per rimessaggio o lavori di manutenzione, riparazione e refitting.
Questo non è un problema sotto il profilo doganale: la normativa vigente consente alle unità di bandiera estera la prolungata permanenza in Italia, ad esempio fino a 18 mesi in regime di “ammissione temporanea”.
Questo è diventato un problema da luglio 2021, sotto un profilo altrettanto ovvio ed essenziale: la possibilità di mantenere le navi armate con gli equipaggi necessari per l’intero arco temporale di legittima permanenza in acque italiane. Tale possibilità è stata gravemente pregiudicata dall’interpretazione applicativa che il Ministero dell’Interno ha ritenuto di dare a una recente sentenza della Corte di Giustizia europea, pronunciatasi in merito a un caso di marittimi di nazionalità extra-UE presenti in area Schengen.
Senza entrare nel dettaglio tecnico – giuridico, il prodotto di questa interpretazione è il seguente:
– gli equipaggi di nazionalità extra-UE (nello yachting sono la maggioranza, specie anglosassoni) possono rimanere in Italia senza limiti temporali solo se sono giunti a bordo nave;
– se sono neo-assunti (es. per ricoprire funzioni rimaste vacanti o per integrare gli organici di bordo) e devono prendere servizio imbarcandosi in Italia, vengono assoggettati a una permanenza massima di 90 giorni. Dopodiché sono considerati clandestini;
– stessa sorte per i marittimi a suo tempo giunti in Italia a bordo nave, che riprendono servizio dopo essere sbarcati per fruire di permessi o periodi di assenza previsti dai rispettivi contratti di lavoro subordinato (ferie, malattia);
Risultato: poiché i Paesi europei concorrenti dell’Italia su questo mercato (Francia e Spagna) NON hanno adottato l’interpretazione del nostro Ministero, gli armatori sono stati indotti a scegliere questi ultimi per l’esercizio delle loro attività, scartando l’Italia perché da noi gli è di fatto impedita la normale gestione dei propri equipaggi, la quale implica la necessità di provvedere al loro avvicendamento/integrazione in base alle esigenze della nave e secondo le regole previste dai rispettivi contratti di lavoro subordinato.
Conseguenza: una gravissima distorsione della concorrenza e un gravissimo pregiudizio economico a danno dell’Italia, che non colpisce solo gli operatori del settore ma si estende a molteplici componenti del nostro tessuto economico, turismo in primis.
Genova for Yachting (GfY) si è immediatamente attivata per porre rimedio a questa paradossale situazione, sia con altre associazioni sia singolarmente. E un primo risultato, grazie anche all’appoggio trasversale di politici e istituzioni liguri, lo ha ottenuto: con apposita norma di legge emanata a maggio 2022 è stato introdotto uno strumento che non elimina il problema in radice ma che può essere utilizzato per bypassarlo. È stata cioè estesa ai marittimi extra-UE la possibilità di ottenere dagli uffici consolari italiani all’estero un visto di ingresso in Italia per motivi di lavoro fino a 365 giorni (cd Visto D, o “long-term entry visa).
È un buon risultato. Come tale lo stiamo promuovendo e le nostre agenzie marittime si stanno proponendo agli armatori come facilitatori. Ma non è sufficiente a colmare il gap concorrenziale che si è venuto a creare. Un conto è potersi imbarcare, come accadeva prima, con la semplice apposizione sul passaporto di un paio di timbri, uno in ingresso al valico di frontiera e uno in uscita all’imbarco, senza limiti di permanenza. Altro conto è doversi presentare a un ufficio consolare (non tutti sono abilitati), presentare documenti e attendere tempi di istruttoria e rilascio del Visto indefiniti e comunque variabili da ufficio a ufficio. Con la difficoltà di dover spiegare ad armatori, manager e comandanti come mai da noi è così mentre altrove tutto è rimasto come prima.
Quindi l’azione di Genova for Yachting continua in 2 direzioni, con l’appoggio di Confindustria locale e nazionale:
– la prima verso il Ministero dell’Interno, perché siamo convinti che l’interpretazione attuale sia sbagliata e debba essere rettificata, reintroducendo la prassi previgente con i correttivi necessari a rispettare la sentenza della Corte e senza alcun pregiudizio per le regole di controllo dell’immigrazione apprestate dal Codice Schengen;
– la seconda verso il Ministero degli Esteri, che con circolare applicativa del 13 settembre scorso ha raccomandato agli uffici consolari, vista la peculiarità del lavoro marittimo, di adottare procedure il più possibile semplificate e assicurare tempi rapidi di rilascio del Visto D: su invito del Ministero stesso, stiamo segnalando le difficoltà pratiche che abbiamo registrato e le relative soluzioni per eliminarle. (Genova, 2 dicembre 2022).
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Allarme di Amico: “Intervenire sulle limitazioni alla permanenza di equipaggi extra-Ue in Italia”