Ceccarelli Yacht: “Il vero super yacht green è a vela”
Giovanni Ceccarelli (presidente anche dell’associazione Aspronadi) pone in evidenza il tema del fine vita delle navi da diporto
Con lo sguardo dritto sul futuro Giovanni Ceccarelli è responsabile di uno studio di progettazione di yacht da diporto e super yacht fondato dal padre negli anni 60. Firma fra le più autorevoli della nautica made in Italy, ha progettato barche da regata vittoriose in numerosi contesti di alto livello internazionale, vincendo dieci campionati del mondo. Partendo dall’Americas Cup nel 2003: frutto della sua mente sono il Mascalzione Latino e il +39 Challenge. Velista dalla giovane età, Giovanni Ceccarelli progetta le sue imbarcazioni con l’esperienza di chi conosce e ama il mare davvero e ne trae emozioni e progetta sempre nel rispetto dell’ambiente del mare. SUPER YACHT 24 lo ha intervistato.
Ceccarelli lei è stato il responsabile dell’ingegneria per la rimozione del relitto della Costa Concordia all’isola del Giglio. Ci racconta qualcosa su quella attività?
“È stata un’avvincente sfida vinta in sinergia da tutte le aziende coinvolte, in primis la Micoperi e la Titan, e il paese Italia ne è uscito vittorioso. Io ho lavorato come responsabile dell’ingegneria per il consorzio Titan-Micoperi e sono mie le idee concettuali sulla metodologia di rotazione del relitto. È un’impresa che ha reso dignità all’operosità e all’ingegno del lavoro dell’uomo.”
Che ne sarà dell’Associazione italiana dei progettisti nella nautica da diporto, ci sono delle novità?
“L’Aspronadi è la più vecchia associazione con soluzione di continuità esistente in Italia, fu fondata più di 50 anni fa da un gruppo di progettisti e di giornalisti. Al momento ricopro ancora la figura di presidente, purtroppo siamo un po’ in una fase di riflessione. Ma è un’associazione che vuole essere un punto di riferimento culturale per gli addetti ai lavori e che non vuole più assumere il ruolo di Ordine professionale come faceva un tempo, vogliamo ammodernarla. Aspronadi ha una grande valenza e contiamo di rimetterla in moto a breve. Diamo fin da ora la nostra disponibilità al nuovo governo in carica per poter collaborare con il Ministero del Mare.”
Come cambia la sua idea di design in accordo con le esigenze dettate dalla transizione ecologica?
“Non dico che cambia, perché nella mia filosofia c’è uno slogan che mi porto dietro ai convegni da 20 anni: ‘Progettare nel rispetto del mare’. Questa è la mia idea principale e l’altra è che vengo dal Mar Adriatico. Sembra scontato, ma venti anni fa non lo era altrettanto. Probabilmente la mia estrazione di progettista, che nasce dalla vela prima del motore, mi ha lasciato un imprinting che mi consente di vivere il mare in modo più consapevole, sono insegnamenti che mi porto dentro fin da bambino. Il mare alla fine vince sempre lui, quindi l’uomo non deve fare un design che va contro il mare. Le strade e il manto stradale, poi, sono sempre più performanti, ma le onde e il vento sono sempre le stesse. È questa la differenza fra chi progetta una macchina e chi progetta un’imbarcazione. Per quanto riguarda la transizione ecologica si deve partire da una progettazione consapevole e passare altresì in una costruzione tale per arrivare all’utente finale, tutta la filiera deve essere coinvolta.”
Verso quali tipi di materiali si sta orientando?
“Il materiale viene scelto dal progettista assieme al committente in relazione alla funzione, al tipo di utilizzo e alla sua costruzione. Ho progettato e realizzato scafi in composite leghe leggere e anche in legno. Attualmente sto progettando nello stesso momento uno scafo da realizzare in carbonio; quindi, la tecnologia più high tech e ce n’è un altro in legno, la tecnologia più vecchia.
Nelle barche di serie si deve cominciare a pensare il fine vita dell’imbarcazione stessa. Quindi valutare come una barca possa essere smontata e demolita. Oggi, al contrario delle automobili, le barche non sono progettate per avere un fine vita. Tornando ai materiali, le fibre di lino, o quelle di bambù impiegate per gli scafi, le considero un po’ come un esercizio più d’immagine, perché di fatto sono materiali costosi da lavorare e in più hanno caratteristiche meccaniche inferiori rispetto a materiali meno costosi e meno nobili. È un filone interessante, ma non è la strada; credo di più alle fibre esotiche come il carbonio o materiali più avanzati affinché la barca diventi più leggera. Ci sono degli studi che dimostrano come il carbonio possa essere recuperato e triturato, per esempio, nel cemento armato. Io mi orienterei su una scelta di materiali in grado di migliorare le performance e ridurre i consumi.”
Cosa trae dalla collaborazione con Senses Yacht, vede altri progetti in ballo con questo cantiere?
“La prima imbarcazione di Senses Yacht, il Senses 07 andrà in acqua entro fine anno. Ho in fase di completamento della progettazione anche il Senses 05 di 15 metri e abbiamo presentato al Salone di Genova anche il Senses 09, un super yacht da 27 metri e mezzo. La linea Senses è caratterizzata esteticamente dalla prua rovescia e un’ampia finestratura in fiancata, alcune forme hanno familiarità con il mondo della vela. I Senses yacht hanno un’altra caratteristica che è l’ampia vetrata a poppa, che permette di mettere in connessione il lower deck con l’esterno, è una terrazza aperta sul mare. La linea Senses è stata sviluppata dal mio studio, dal design, agli interni fino all’ingegneria, è una modalità tutto tondo, rara per il settore, ma più frequente nel mondo della vela. Ritengo questo un progetto molto ambizioso e il secondo Senses 07 andrà in acqua già questa estate, mentre del Senses 05 ci sono già diverse unità vendute. Le barche sono realizzate a Monterado in provincia di Ancona, dove Senses ha una sua unità produttiva in loco. Il super yacht Senses 09 è in fase progettuale di sviluppo, ma è un progetto che sta andando avanti.”
A quale tipo di super yacht sta lavorando poi?
“In questi anni ho lavorato anche con i cantieri Rosetti Marino, per i quali ho disegnato due unità da 35 metri e 50 metri nella linea Explorer Style. Non sono andati in produzione, ma restano ancora nel loro portafoglio come progetti. Sono imbarcazioni pensate per girare il mondo con il concetto dell’Explorer. Quello dei super yacht è un mondo molto particolare, ed è sempre legato al committente, noi come progettisti trasferiamo e interpretiamo quelle che sono le aspettative di utilizzo delle imbarcazioni.”
I super yacht sembra che stiano dando vita a un nuovo settore dell’hospitality, cosa ne pensa del loro charter?
“I super yacht hanno grandi costi di gestione che possono arrivare al 10% del costo dell’imbarcazione per anno. Io penso che la charterizzazione sia uno strumento valido in questo senso. Per quello che riguarda il settore dei super yacht, mi auguro che ci sia sempre un incremento di super yacht a vela, e vedo una possibilità di crescita in questo senso anche grazie anche alle tante automazioni che si stanno inserendo in questo tipo di imbarcazioni. L’armo velico è oggi molto più semplice rispetto al passato, non si deve temerlo. Quello dei super yacht a vela è un mondo di nicchia, ma spero che cresca, anche perché sarebbe una zona dove potrei avere qualcosa da dire in più, visto che conosco molto bene quella dimensione. Sto preparando concept nella fascia fra i 30 e i 50 metri.”
Secondo lei qual è il suo super yacht ideale?
“Partiamo sempre da un’idea di rispetto del mare, quindi riuscire a costruire un’imbarcazione che per quanto sia grande sia comunque in grado di creare un contatto fra l’uomo e l’ambiente. Ciò non significa delle finestrature che si aprono sul mare. Ed è inutile questa esasperazione di aggiungere tanti ponti al super yacht. Può essere anche un’imbarcazione più sobria, con ambienti ventilati ma non necessariamente chiusi. L’idea è quella di vivere il mare come lo si vive con una barca piccola, ma con una barca più grande.”
La sua idea invece di super yacht totalmente green?
“Parte da una progettazione che abbia il minor impatto ambientale possibile iniziando dal sistema propulsivo. Quindi una carena con la massima efficienza dal punto di vista idrodinamico. Poi è necessario usare materiali diversi dal ferro, materiali che abbiano un rapporto di maggiore leggerezza in funzione della resistenza, come il composito, e quindi ottenere un grande risparmio sui pesi. È importante anche l’automazione dell’imbarcazione, che è ciò che permette di ridurre il numero di persone a bordo, poiché ogni persona in più produce inquinamento. Le sovrastrutture, poi, vanno studiate in modo che l’aria possa entrare naturalmente, limitando l’uso di aria condizionata e quindi il design in questo senso va ripensato. I sistemi propulsivi alternativi sono quelli ibridi, per poi arrivare al sistema più nobile e meno inquinante possibile che è la vela. Il super yacht veramente green in realtà non è nulla di nuovo se pensiamo alle grandi imbarcazioni a vela.”
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