Nautica e sostenibilità: “Difficile oggi trovare soluzioni” secondo Ighina (Azimut Benetti)
A un convegno organizzato da Deloitte il prof. Munari ha suggerito di creare un quadro normativo anche nel diporto prima che ci pensino altri paesi concorrenti
Genova – In materia di sostenibilità la strada da fare prima di conseguire risultati significativi e apprezzabili è ancora molta lunga nel settore della nautica. Questo sembra essere il messaggio emerso dal convegno intitolato “Industria nautica e sostenibilità” organizzato da Deloitte all’interno del Salone Nautico Internazionale di Genova.
Ad aprire i lavori moderati da Francesca Tognetti è stato il prov. avv. Francesco Munari di Deloitte Legal sottolineando come nel trasporto marittimo esista “un quadro normativo abbondante e chiaro, con convenzioni internazionali e una disciplina che incentiva o impone al settore di dotarsi di strumenti sempre più sostenibili. Nel diporto invece non ancora, dunque questa è una sfida e un’opportunità, perché dovremmo iniziare a lavorarci a questi aspetti normativi e sviluppare dal basso best practice prima che lo facciano altri paesi che potrebbero avere interessi competitivi concorrenti”. Secondo l’esperto giurista la sfida “dev’essere raccolta dalle istituzioni che gestiscono il demanio marittimo e che devono avere anche loro un interesse a far rendere questo patrimonio. Nella nautica le ricadute occupazionali e turistiche sono ampie”.
Paolo Piacenza, segretario generale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, ripercorrendo l’impegno dlel’ente in materia ha affermato che “nella valutazione dei piani d’impresa quello della sostenibilità è un tema molto attenzionato”. In passato la port authority di Genova aveva anche pensato di riconoscere un punteggio più elevato ai progetti e ai piani d’impresa che prevedessero investimenti green ma ad oggi un ‘premio’ per questa sensibilità ancora non esiste.
Particolarmente significativo è stato il contributo portato da Carlo Ighina, vertice della divisione Research & Development del Gruppo Azimut Benetti, perché ha spiegato quanto complesso in realtà sia raggiungere risultati significativi e investire in progetti di sostenibilità nel settore della nautica, soprattutto quella di grandi dimensioni.
“Nel nostro gruppo il primo prototipo di imbarcazione a propulsione ibrida è del 2011, il primo progetto di ricerca per un’indagine per lo smantellamento delle barche è del triennio 2011-2014 quando ancora non c’era la sensibilità attuale sulla sostenibilità. L’attenzione delle aziende è cresciuta di pari passo con la sensibilità dei clienti” ha spiegato Ighina, ricordando l’importanza della sostenibilità sia di processo che di prodotto. “Il tema è molto complesso a livello mondiale e lo è anche per la nautica. Trovare una soluzione efficace non è per niente banale, c’è molto di nuovo che si affaccia ma in dieci anni non c’è stato un salto nella tecnologia dirompente”.
Colui che ha in mano il timone dei progetti di ricerca e innovazione del gruppo Azimut Benetti ha ammesso che sui super yacht “l’elettrificazione dei motori oggi non è possibile (solo soluzioni ibride), oppure si può adottare ma solo su barche più piccole. Soluzioni efficaci esistono in questo senso ma per i motori ausiliari di bordo e per il fabbisogno energetico di bordo”. I cosiddetti servizi di hotellerie. Di consgunza lo scenario che si sta delineando è il seguente: barche di piccole dimensioni possono navigare full electric, l’elettrico su yacht di media taglia solo su propulsioni ausiliarie mentre per gli yacht di grandi dimensioni si guarda al bilancio elettrico per sistemi di bordo.
A proposito invece dell’innovazione di processo l’ing. Ighina ha affermato che oggi nelle costruzioni regna ancora l’acciaio e altri materiali facilmente riciclabili. “Sul composito, soluzione strutturale molto leggera, la sfida del futuro è riuscire a riciclarlo. La sfida sarà quindi rappresentata dai compositi riciclabili che impongono però un processo produttivo diverso. C’è molta carne al fuoco ma c’è ancora tantissimo lavoro da fare”.
In conclusione l’esperto ingegnere di Azimut – Benetti ha ammesso che “lo yacht è un oggetto con alti contenuti: pesi, ingombri, ecc. In tutti i settori dove ci sono alte potenze in gioco è difficile oggi trovare soluzioni necessarie”. A proposito della propulsione a idrogeno ha aggiunto che “è molto affascinante ma ha dei limiti”. Ma soprattutto “ha un problema che sono i grandi ingombri perché richiede, rispetto ai serbatoi di gasolio, uno spazio per lo stoccaggio di 4-6 volte superiore. Sottrae carico pagante sia nella nautica che nel trasporto mercantile”. Metanolo, combustibili sintetici e la cattura del carbonio saranno alcuni degli altri temi di cui si sentirà maggiormente parlare in futuro.
Fra gli armatori la sensibilità è cresciuta molto anche se pochi guardano ad esempio al fine vita dello yacht. L’età media di un’imbarcazione o una nave da diporto è di 25 anni ma può arrivare tranquillamente anche a oltre 40. L’attenzione e le richieste principali dei proprietari di yacht in materia di sostenibilità ad oggi sono quasi esclusivamente limitate ai sistemi di bordo.
Franco Cavagnaro, presidente di Tigullio Shipping (porto turistico di Chiavari parte di Marinedi Group), ha parlato di come la sua azienda sia diventata marina resort segnalando però la “selva di leggi nazionali contrastanti con quella regionale” e ponendo così l’attenzione sugli ostacoli normativi esistenti. Nel frattempo Tigullio Shipping la sua parte come ‘porto sostenibile’ la sta facendo con il progetto di installare pannelli solari e invitando i clienti del marina a circolare a terra in bicicletta.
Giuseppe Milici, partner di Deloitte Sustainability, ha posto l’accento su quanto sia “importante comunicare bene e rendicontare gli interventi in maniera di sostenibilità garantendo la comparabilità”. Di particolare interesse poi il fatto che nel prossimo futuro “l’obbligo di redigere bilanci sociali non sarà limitato solo alle società quotate, aziende ormai da tempo impegnate a rendicontare il proprio impegno ESG”.
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