Mariotti: “Gestione di shadow boats e toys nuove sfide per i comandanti”
Il segretario generale di Italian Yacht Masters invoca il coinvolgimento delle scuole e lavora all’annoso riconoscimento dei titoli
Il viaggio di SUPER YACHT 24 nel mondo dei comandanti, che ha toccato recentemente soprattutto il tema della formazione, in questo nuovo incontro con Manuel Mariotti affronta l’evoluzione della figura professionale nel futuro dello yachting, come ad esempio quello della gestione dei “toys” che ormai si incontrano a bordo degli yacht di lusso, e delle shadow boat che sono a loro supporto.
Il percorso professionale di Mariotti, oggi segretario dell’associazione Italian Yacht Masters, è piuttosto singolare: velista per passione sin da ragazzo, a bordo di Optimist, 420, 470 e poi a salire fino ai Maxi, con diversi passaggi e regate su barche d’epoca. In parallelo procedeva la sua formazione scolastica, prima col diploma di liceo scientifico conseguito a Chiavari (Genova) e a seguire la laurea in Scienze Ambientali all’Università di Genova.
Primo imbarco come semplice marinaio su una barca di un grande armatore come Sergio Loro Piana, fratello di Pigi, passando poi dalle barche di Coppa America, Mariotti ha via via scalato la gerarchia di bordo fino ad avere la prima responsabilità di comando nel 2001, su un Grand Soleil: da allora ha gestito molte barche di prestigio fra cui altre prodotte dai Cantieri del Pardo, Baltic e, fra i superyacht a motore, Baglietto, Benetti, Maiora, Crn e Feadship.
Comandante Mariotti, partiamo dal tema più caldo che per la vostra categoria è sempre quello dei titoli, qual è la vostra posizione?
“E’ molto semplice, per noi di Italian Yacht Masters il comandante è uno solo, non dovrebbe esserci separazione delle carriere fra il commerciale e il diporto. Con la carenza di lavoratori marittimi che negli ultimi tempi si è fatta quasi drammatica ed è stata denunciata anche dalle associazioni di categoria, tenere i due titoli separati ha ancora meno senso.”
Oltretutto con la corsa al gigantismo degli yacht, le differenze tra unità da diporto e unità commerciali si riduce sempre più…
“Esatto, un tempo quando la maggior parte dei superyacht era fra i 25 e i 40 metri poteva esserci qualche ragione in più ma oggi la flotta mondiale del diporto si sposta su dimensioni che spesso superano i 70, con punte di 160 metri e si stanno progettando unità di oltre 200 metri, di fatto delle vere e proprie navi.”
Insomma continua la battaglia fra i comandanti italiani e quelli inglesi e i loro titoli Mca?
“Gli inglesi oggi hanno un vantaggio oggettivo, di fatto la carriera da loro è una sola con semplici regole e un semplificato percorso formativo, più chiaro dal punto di vista normativo. Noi facciamo molta fatica a tenere i titoli sia del diporto che del commerciale, alcuni colleghi hanno rinunciato ai secondi. Per questo come Italian Yacht Masters stiamo facendo pressione a tutti i livelli per modificare questa situazione e recuperare il gap competitivo: a parole i nostri interlocutori istituzionali sono tutti d’accordo ma in Italia spesso è farraginoso passare dalle parole ai fatti.”
Chi sono gli altri soggetti che si impegnano nello sviluppo di una maggiore professionalità dello yachting?
“In primis cerchiamo risposte nel Ministero delle Infrastrutture e nel Corpo delle Capitanerie, ma ovviamente sono coinvolte varie associazioni come Genova for Yachting, Amadi, Ama, Navigo e anche Isyl. Cerchiamo di fare rete perché queste battaglie coinvolgono ogni settore; professionisti e imprese devono collaborare.”
A proposito di aziende, che rapporto avete coi cantieri?
“Molto buono, Italian Yacht Masters ha organizzato diverse visite di realtà, solo per citarne alcuni Lurssen, Tankoa, Rossinavi ma sono state anche strette relazioni con porti come Marina Amico, Marina Loano, Marina Genova e molti altri e tanti contatti con altre realtà del nostro settore. L’associazione si vuole impegnare ad allargare la propria rete di relazioni e cercare di pensare a più ampio respiro, cercando di coinvolgere le scuole, a partire fin dalle elementari.”
Come si coinvolgono meglio gli studenti e più in generale i giovani?
“Dobbiamo far conoscere meglio il nostro mondo, solo così potremo garantire la crescita del settore. Perché non approfittare della permanenza dei megayacht nei nostri porti durante la stagione invernale per far salire a bordo i ragazzi e illustrare la vita di bordo? Con l’aiuto di un comandante appassionato potremmo far vedere loro le barche, il ponte di comando, le sale macchine, e gli interni, in maniera da ampliare la loro conoscenza. Sarà poi più facile che si possano innamorare della nautica e decidere di lavorare nel nostro settore.”
C’è bisogno di personale oggi a bordo?
“Non sono solo i marittimi a mancare, ma noto una carenza di maestranze specializzate come falegnami, elettricisti, motoristi, senza contare la maggiore richiesta di professionalità legate all’elettronica, all’IT, ai big data e alla domotica, molto utilizzata a bordo. Il settore del refit sarà poi sempre più importante e di conseguenza tutti i professionisti di questo settore sono molto ricercati.”
E i comandanti? Come si sta modificando la vostra professione?
“Come già sottolineato dai miei colleghi, con l’aumento delle dimensioni medie degli yacht, e conseguentemente della consistenza degli equipaggi, noi comandanti siamo oggi simili a manager, e dobbiamo ricoprire più competenze che una volta non esistevano. Di fatto siamo sempre più dei ‘mediatori’ e ‘trait d’union’ fra armatori e agenzie, broker, società di charter e società di yacht management.”
Dal punto di vista puramente fisico e tecnico invece cosa vi è richiesto oggi?
“Le nuove tendenze nel settore dello yacht design influiscono molto sull’evoluzione del ruolo. Per esempio i cosiddetti ‘toys’ che si utilizzano in crociera per il divertimento dell’armatore e dei suoi ospiti come tender, moto d’acqua, jet ski, scivoli, ecc. sono ormai dotazioni quasi obbligatorie specie per gli yacht da charter ma richiedono molto impegno da parte di comandanti ed equipaggi per la loro corretta gestione, soprattutto tenendo sempre come massima priorità la sicurezza. C’è anche un altro aspetto interessante…”
Quale?
“Mi riferisco alle shadow boat, sempre più utilizzate e diffuse da molti armatori, barche derivate dai ‘supply vessel’di appoggio soprattutto alle piattaforme petrolifere. Queste barche ‘a sostegno’ in realtà possono raggiungere dimensioni importanti, fino a 70 metri. Per noi comandanti questo genere di mezzi significa opportunità di impiego in più ma anche la necessità di formarsi sempre meglio per acquisire nuove competenze, penso ad esempio ai corsi da Helicopter Landing Officer”.
CLICCA QUI PER ISCRIVERTI ALLA NEWSLETTER GRATUITA DI SUPER YACHT 24