Marco Massabò: “Così abbiamo fatto rinascere Cantieri di Pisa”
Già in produzione con consegna prevista per il prossimo anno un 80 piedi acquistato da un “personaggio famosissimo”
Chiunque, fra gli appassionati di grande nautica a livello internazionale, al nome Cantieri di Pisa risponde con un tono di voce che si abbassa un po’ in segno di ammirazione e rispetto. Il cantiere oggi, dopo un lungo periodo di sospensione dell’attività, ha una nuova proprietà e una nuova gestione che ha scelto SUPER YACHT 24 per un’intervista esclusiva al suo amministratore delegato Marco Massabò, un uomo con la nautica nel dna da tre generazioni e proveniente da Wally, una realtà che si distingue per innovazione.
Massabò partiamo dal raccontare come nasce l’idea di far rinascere Cantieri di Pisa?
“L’investimento è stato mosso dalla passione per la nautica, e per la storia del cantiere, in comune fra Enrico Gennasio, industriale fondatore di Alfagomma, e il sottoscritto. E il nostro intento, da subito, è stato quello di creare un progetto industriale, più che imprenditoriale. Così, dall’acquisizione a giugno 2021 e con il mio ingresso a settembre come amministratore delegato, abbiamo lavorato per capire il potenziale della struttura nel suo complesso e abbiamo deciso di partire dal refit facendo investimenti per 370 mila euro nei capannoni. La scelta si è dimostrata vincente perché da quel momento ad oggi abbiamo ospitato 25 imbarcazioni e abbiamo fatto ripartire la filiera dei fornitori. Oggi abbiamo mediamente 100-150 persone in cantiere aggiuntive al nostro personale: numeri importanti considerando che siamo ripartiti da zero.
Già da subito ci siamo resi autosufficienti e questo per noi – che comunque siamo sempre stati coperti finanziariamente – è motivo di orgoglio.”
I successivi obiettivi quali sono stati?
“Abbiamo puntato sull’innovazione sia stilistica che nei materiali da utilizzare per i nuovi modelli Cantieri di Pisa e abbiamo creato una sorta di start-up con un innesto di professionisti e con la collaborazione dell’Università di Pisa. Gli yacht del cantiere al tempo erano considerati iconici per l’attenzione alla qualità e anche alla ricerca e oggi continuiamo nel solco ancora di più con materiali d’avanguardia: carbonio, ibridi e tecnologie come il sottovuoto insieme ad altri sistemi per aumentare la rigidità dello scafo e le sue performance in termini di leggerezza. Una barca leggera significa minor bisogno di potenza e noi puntiamo ad avere barche più leggere, più rigide e più performanti. E’ un obiettivo molto complesso perché se da una parte una barca meno pesante consuma meno – e quindi per noi rappresenta il vero “green” – dall’altra con un peso inferiore di circa il 30% rispetto al vetroresina occorrono procedure/processi particolari. Le nostre barche saranno molto leggere e avranno interventi strutturali immaginabili oggi nella nautica solo da grandissimi gruppi. I processi sono dispendiosi non solo per il costo più alto dei materiali ma anche per il puro processo industriale di produzione, molto più sofisticato.”
In quali campi innovativi state lavorando?
“L’università e i professionisti stanno lavorando in particolare sulla fluidodinamica e sullo scorrimento dell’acqua sulla carena; abbiamo inoltre abbracciato un progetto in fase sperimentale su cui un’azienda di Parma lavora, anche per la Ferrari, che riguarda una verniciatura particolare a livello molecolare. La ricerca e lo sviluppo riguarda ogni punto della nostra produzione, anche i mobili o il lato elettrico. Ci chiamiamo Cantieri di Pisa e ragioniamo in termini di eccezionalità ed eccellenza.
Sul design abbiamo fatto una scelta radicale chiamando con noi il più famoso professionista che arriva addirittura dal campo dell’automobile – Etienne Salomé – che ha disegnato anche la Bugatti; una scelta estetica che non provenendo dalla nautica rappresenta un ulteriore sforzo per il nostro ufficio tecnico interno. E per studiare le prime carene abbiamo scelto lo studio dell’ingegner Marco Arnaboldi.”
Come sarà la vostra prima e attesissima costruzione?
“Dal 1° settembre ad oggi abbiamo già in produzione – e già venduto – il nostro primo 80 piedi che sarà pronto fra circa un anno oltre a tre trattative in corso per lo stesso modello. Si tratta di una barca molto veloce, in grado di raggiungere 60 nodi, che uscirà in due versioni: Fast e Work Around. Questo processo di produzione riguarda tutta la flotta e quindi anche i tender di 50 piedi, gli 80 piedi nelle due versioni, e anche le barche grandi con il nuovo Akhir con tre modelli di 32, 37 e 40 metri.”
Lo yacht Akhir è stato un simbolo per i Cantieri di Pisa, quali differenze ci saranno nel nuovo modello?
“Per il nuovo Akhir la definizione di ‘astronave’ mi sembra quella giusta. Non è stato dimenticato il suo dna e saranno ripetuti certi stilemi, ma con la filosofia della nostra nuova produzione; i nuovi Akhir saranno infatti progettati con l’utilizzo di materiali estremamente leggeri e lavorazioni diverse. Per i suoi interni abbiamo fatto una scelta italiana.”
Dalla partenza viene naturale pensare che il cantiere possa avere presto bisogno di nuovi spazi; ci sono novità in questo senso?
“È importante che la proprietà sia rappresentata dalla categoria industriale. Vogliamo portare un po’ di industria in un settore dove di industria ce n’è poca e non sarà un percorso facile, lo abbiamo ben chiaro. Abbiamo operazioni molto importanti a livello logistico; ci stiamo attivando da mesi nella zona livornese. Parliamo già adesso di investimenti di svariati milioni di euro. Non abbiamo debiti, non abbiamo neanche un fido e siamo persone che vogliono metterci la faccia.”
Dal lato istituzionale quale supporto avete avuto in questa iniziativa?
“Le istituzioni ci stanno dando una ‘certa’ mano. Il polo produttivo che si sta sviluppando sul canale dei Navicelli dove abbiamo il cantiere è secondo solo a La Spezia e ben superiore a quello di Viareggio. Il rapporto che abbiamo con la società che gestisce il canale e le aree è ottimo. Credo che a livello istituzionale si dovrebbe però capire, e velocemente, che i numeri che sta facendo la nautica sono numeri che probabilmente superano di gran lunga quelli di qualsiasi attività nell’area pisana. Se fossimo ancora più numerosi a lavorare in un canale del genere questo sarebbe profondo almeno sei metri e ci sarebbe una maggiore attenzione anche alla sua fruibilità. Oggi invece le aziende che qui stanno facendo prodotti di enorme qualità non possono essere serene al momento di mettere in acqua la loro barca: devono sperare nell’alta marea e che non ci siano banchi di sabbia. Oggetti da svariati milioni di euro sono costretti a navigare alcune volte solo con 25 cm di acqua sotto l’elica. Il mare da qui è distante e nel canale abbiamo solo tre metri di fondale con punti di appena due metri, e questo comporta molti rischi. Credo che la Regione non stia valutando a fondo questa realtà nonostante ritengo che qui lavorino circa 7-8.000 persone fra dipendenti e indotto.”
Quali sono, nonostante questo problema, le vostre prospettive di sviluppo?
“Prevediamo di quadruplicare la nostra forza lavoro portandola a oltre 100 persone e investiamo nella formazione. Abbiamo iniziato col formare nuovi ingegneri, architetti e non solo perché la nautica è materia complessa mentre dalle università queste figure escono formate a tutto tondo, ma non nello specifico. Consideriamo che solo la verniciatura incide a due numeri di percentuale sulla produzione. Un metro quadrato di un buono yacht costa dai 1.000 ai 1.200 euro (e, ad esempio, di metri quadri in una barca da 80 piedi ce ne sono 200) perciò anche il valore di quella singola lavorazione è altissimo e richiede un sincronismo millimetrico con le altre lavorazioni. Lavoriamo sul processo per poter avere un controllo e una qualità finale e in questo processo la formazione è fondamentale. Per questo vi investiamo molto tempo e denaro, così come sulle procedure, dalla progettazione fino alla realizzazione.”
Può rivelarci in chiusura qualcosa dell’armatore del primo 80 piedi Cantieri di Pisa? E magari il costo che ha sostenuto?
“No. Posso dire solo che è davvero famosissimo e non è italiano. Il costo è 8 milioni di euro.
Chiudo dicendo che abbiamo la voglia, la finanza, e ogni altro elemento necessario per lavorare a questo progetto di cui siamo orgogliosi; parlo a livello personale come amministratore, ma lo stesso vale per la proprietà, per il personale e per tutti i nostri collaboratori. Questo tipo di percorso normalmente ha bisogno di anni, ma rivediamoci fra sei sette mesi: potremo già parlare di altre nuove iniziative.”
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