Marittimi extra-Ue in Italia: nel Dl Ucraina forse la soluzione
Due emendamenti al decreto presentati da Italia Viva allungherebbero la possibilità per i lavoratori extracomunitari di rimanere a bordo oltre il limite atttuale di 90 giorni
“Per affrontare il complesso tema dei visti marittimi e scongiurare le rilevanti ricadute economiche e le grandi complicazioni per gli armatori dei settori commerciali, delle crociere e della nautica, Italia Viva ha depositato due emendamenti al Dl Ucraina che offrono una soluzione al problema”. Lo ha dichiarato Raffaella Paita, deputata di Italia Viva che ha aggiunto: “Grazie alla disponibilità del senatore di Italia Viva, Mauro Maria Marino, che si è fatto carico del problema, al Senato ha deposito, su impulso mio e del sottosegretario Scalfarotto che ha seguito costantemente il tema, due modifiche al decreto che si pongono l’obiettivo disbrogliare la matassa rappresentata dai visti dei lavoratori di nazionalità extra-Schengen impiegati a bordo delle navi che stazionano nei nostri porti”.
La parlamentare ligure ricorda che “le norme attuali imponevano di fatto agli armatori di ridurre a 90 giorni il periodo lavorativo a bordo delle navi degli equipaggi imbarcati. La conseguenza è di compromettere la possibilità di disporne per l’intero arco temporale consentito dal regime doganale. Questo ostacolo spingeva gli armatori del settore nautico a scegliere mete alternative all’Italia, con ripercussioni economiche negative per l’indotto portuale”. Francia, Spagna e altri paesi del Mediterraneo hanno prontamente colto questa debolezza dell’Italia per sottrarre mercato e quindi super yacht nel segmento di mercato del charter e del refit.
La soluzione proposta da Italia Viva si desume da quest’ultima dicharazione dell’onorevole Paita: “Nell’autorizzazione, a favore dei lavoratori marittimi imbarcati sulle navi, a svolgere attività lavorativa a bordo per tutto il tempo necessario al suo svolgimento (e comunque non superiore a un anno) si può individuare uno strumento capace di risolvere la questione e restituire ai porti italiani la loro naturale centralità”.
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