Gnessi: “Basta vetroresina, nel futuro solo alluminio e propulsione diesel elettrica”
Lo studio Dyd prevede un aumento degli yacht one off a discapito della produzione in serie
Architetto, yacht designer, progettista navale, surfista, velista: Franco Gnessi, fondatore dello studio Dynaship Yacht Design di Latina, è nella nautica da quando era un ragazzino, animato dalla passione per il mare, la vela e il surf.
E’ poi riuscito a dar diventare la passione un lavoro anche grazie a un incontro con Andrea Vallicelli, da cui è stato ‘folgorato’ e che lo ha fatto “innamorare di questo mestiere”, consentendogli di riunire altri amici con gli stessi interessi e competenze simili, tanto da fondare poi lo studio.
Con SUPER YACHT 24 Gnessi ha parlato delle principali tendenze nel mondo dello yacht design viste da chi sembra avere idee molto chiare sulle richieste del mercato.
Partiamo da un ritratto dello studio DYD oggi?
“Siamo quattro professionisti di cui tre architetti e un ingegnere. Ci occupiamo di progettazione di barche dai 15 ai 60 metri e anche oltre, lavoriamo con software 3D per una modellazione molto spinta”.
Chi sono i vostri clienti?
“I principali cantieri del Lazio ma anche alcuni viareggini costruttori di megayacht, con cui abbiamo delle collaborazioni. In passato abbiamo lavorato per marchi come Tornado, Canados, Rizzardi e Itama, di cui sono stato responsabile tecnico del cantiere di Sabaudia”.
Quali sono i trend attuali del settore dello yacht design?
“Credo che il futuro sia nelle costruzioni in alluminio e nella propulsione mista diesel-elettrica. E questo indipendentemente dalle dimensioni, si va sempre di più su barche ‘one-off’, al contrario di quello che succede per esempio nell’automotive”.
E la vetroresina?
“E’ il materiale con cui sono cresciuto ma prevedo un suo progressivo abbandono: fra cinque-dieci anni potrebbe essere una soluzione residuale, anche perchè presenta notevoli problemi di smaltimento”.
E dal punto di vista tecnologico?
“Soluzioni come azipod e propulsione a idrogeno prenderanno sempre più campo. Gli armatori cercano barche sempre più manovrabili, in grado di contenere i consumi e le emissioni, con le quali magari sia possibile anche entrare nelle aree marine protette. Non credo molto nell’elettrico puro, tuttavia, meglio la propulsione mista, col diesel”.
Ma quali sono i suoi gusti in fatto di design?
“Non mi piacciono molto le barche classiche, le prue slanciate: amo la fluidodinamica e soluzioni come il beach club a poppa dei superyacht, perché oggi la filosofia per godersi appieno la barca è quella di stare il più possibile a contatto con l’acqua. In generale sono affezionato all’idea di un design più legato alla realtà e non estremizzato”.
Cosa direbbe oggi a un giovane che si avvicina al mondo dello yacht design?
“Che per fare questo mestiere non basta qualche corso di design o saper maneggiare bene un programma di progettazione, ci vuole cultura, anche marittima, ed esperienza”.
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